La Nuova Sardegna

Oristano

Perseguitava l’ex marito condanna a 4 anni e 4 mesi

di Enrico Carta
Perseguitava l’ex marito condanna a 4 anni e 4 mesi

La donna non accettava la fine della relazione e la nuova storia dell’uomo Coinvolse anche il figlio di dieci anni: diceva al padre che si sarebbe suicidato

09 maggio 2018
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ORISTANO. Condanna sì, ma nettamente ridimensionata rispetto alle richieste del pubblico ministero. Resta la gravità dei fatti contestati, ma 23 anni di pena sono sembrati assai esagerati al giudice monocratico Carla Altieri che si è fermata a quattro anni e quattro mesi. Di fronte aveva un’imputata e dei reati alquanto antipatici da valutare, ma 23 anni in fondo riguardano altri tipi d’imputazioni, non certo lo stalking. Alla richiesta così alta il pubblico ministero Rosanna Nurra era arrivata sommando numerosi capi d’imputazione, chiedendo il massimo per ciascuno e negando il vincolo della continuazione che altrimenti li avrebbe raggruppati consentendo un notevole ridimensionamento della pena da richiedere.

Il giudice ha però agito diversamente ritenendo che ogni gesto esaminato nel processo non potesse essere considerato separatamente dagli altri, ma che tutto fosse consequenziale rispetto all’obiettivo che la donna di 44 anni di Santa Giusta – con l’ex marito abitava a Oristano, ma non faremo i nomi per tutelare il minore coinvolto nella vicenda – si era proposta. Aveva cercato in tutti i modi di ostacolare l’inizio di una nuova relazione da parte dell’uomo da cui aveva avuto un figlio. Il problema è che i modi usati non erano quelli convenzionali della persuasione a parole e poco ingombranti. Dal momento della scoperta della nuova relazione, l’escalation era stata notevole: parole, messaggi telefonici e sui social network, molestie, danneggiamenti, pedinamenti, persino denunce infondate e l’apice toccato nel momento in cui convinse il figlio di dieci anni a dire al padre che si sarebbe suicidato se non fosse tornato dalla madre.

In mezzo al tritacarne dello stalking finirono anche parenti e la nuova compagna dell’ex marito. Al processo entrambi si sono costituiti parte civile assistiti dall’avvocato Mario Gusi. Un testimone dopo l’altro e un riscontro dopo l’altro l’accusa ha preso corpo. Così agli atti persecutori si sono aggiunte le ingiurie, una calunnia, il danneggiamento dell’auto, l’inadempimento agli obblighi imposti dal giudice dopo il divorzio, le molestie e le minacce aggravate. E poi c’è il fatto di aver coinvolto un bambino, che allora aveva solo dieci anni, in una storia che doveva riguardare esclusivamente gli adulti. Anche questo non sarà senza conseguenze. L’avvocato difensore Manuela Cau aveva giustificato i comportamenti della sua assistita con l’insorgere di una grave forma di depressione, ma in assenza di perizie mediche alle quali l’imputata non si è mai sottoposta, non restava altro che valutare la gravità dei reati. È arrivata la condanna a quattro anni e quattro mesi che si porterà con sé anche delle conseguenze per quanto riguarda il risarcimento danni alle parti civili e il futuro del ragazzino. Di questo si occuperà il giudice tutelare che dovrà valutare a quali mani affidarlo.

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