La Nuova Sardegna

Oristano

Zuradili, la chiesetta custodita da una famiglia

Eleonora Caddeo
Zuradili, la chiesetta custodita da una famiglia

Marrubiu, da più di ottant’anni i Carta posseggono le chiavi dell’edificio di culto. Dal 1938 quattro generazioni si sono alternate nella sua gestione

12 maggio 2018
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MARRUBIU. San Pietro aveva le chiavi del Paradiso, la famiglia della signora Giacomina Carta ha quelle della più profana chiesa di Zuradili, da ben ottant'anni. Il paragone è impegnativo, eppure rende bene l'idea, perché dal lontano 1938, ossia da quando il prefetto e il parroco locali consegnarono le chiavi della chiesetta campestre di Zuradili al nonno Giuseppe, la famiglia Carta è la custode di questo patrimonio artistico e la memoria storica di un bagaglio di ricordi e tradizioni.

Un compito tramandato di padre in figlio: prima Giuseppe Carta, con il supporto di alcuni degli undici figli, Veronica, Grazia, Giovanni, Sisinnio, Giuseppe, Pietro e Costanti. Poi le famiglie di Sisinnio e Giuseppe, con le mogli Severina Ardu e Grazietta Pompianu. Dagli anni 60 sono stati Giuseppe e Grazietta ad occuparsene, insieme ai figli Beniamina, Nando e Giacomina, colei che oggi, a tutti gli effetti, è la custode “ufficiale” della Chiesa di Zuradili.

La festa al monte si è conclusa da pochi giorni ma per Giacomina c'è ancora da fare. Accoglie nel salotto di casa insieme al marito Antonio, per raccontarci una storia, a parere suo “normale”, di una famiglia benestante che viveva ai piedi del Monte Arci, in “su medau” nelle campagne di Marrubiu.

«Nel 1938 – racconta – mio nonno, Giuseppe, era rimasto vedovo con undici figli. Una volta ricostruita la chiesa, il prefetto e il parroco gli affidarono la custodia di Zuradili e mie zie, entrambe signorine, furono le prime a seguirlo in questo compito che allora era molto onorevole e di gran prestigio». A testimonianza del primo passaggio di consegne tra le autorità locali e la famiglia Carta, Giacomina conserva la chiave del portone della chiesa, che oggi si trova in mostra proprio all'interno dell'edificio.

«Intorno agli anni Sessanta, toccò ai miei genitori e dai primi anni Novanta iniziai a collaborare anch’io, insieme a miei fratelli Beniamina e Nando. Ora sono sola in questo compito, e senza la collaborazione di mio marito e miei figli, Cinzia e Marcello, non riuscirei ad assolvere questo compito al meglio».

Avere le chiavi di Zuradili significa occuparsi di tutto, dalle pulizie della chiesa, all'addobbo floreale, con l'aiuto di Caterina Pala Murgia e delle offerte dei fedeli, arredi e corredi; un onere, anche economico, che Giacomina racconta più che altro come un onore e, soprattutto, come una tradizione di famiglia da rispettare e da preservare.

«Quando ero bambina durante i giorni della festa molte famiglie dormivano a Zuradili, io dormivo in chiesa, e mi ricordo che ascoltavo le donne cantare il rosario. La Madonna arrivava il sabato e andava via la domenica. Nel 1967 ci fu un violento temporale e Don Pino (Piras, ndr) non fece partire la processione. Da quell'anno, la processione riparte alla volta di Marrubiu il lunedì».

Da ottant’anni la famiglia Carta accoglie “alla pietra” (un punto preciso della pineta antistante la chiesetta dove durante degli scavi fu ritrovata una statua raffigurante la Vergine) la processione che accompagna la statua, una tradizione nata nel passato e viva nel presente. Per il futuro l'augurio è lo stesso con cui Giacomina saluta l'arrivo e la partenza della Santa: «Attrus annus mellus cun salludi po tottus».

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