La Nuova Sardegna

Oristano

Il capodoglio non affonda ora è ancorato a una boa

di Piero Marongiu
Il capodoglio non affonda ora è ancorato a una boa

Cabras, la carcassa del cetaceo morto e spiaggiato è riemersa nuovamente È stato necessario un secondo intervento al largo dell’isola di Mal di Ventre

08 giugno 2018
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CABRAS. È stato necessario un nuovo intervento per immergere i resti del capodoglio che, trascinato dalla corrente, era finito tra gli scogli di Punta Maimoni, lo scorso 22 marzo. Il primo intervento di posizionamento della carcassa del giovane cetaceo, ancorata a un fondale di circa trenta metri con una zavorra di circa quattro tonnellate di peso a largo dell’isola di Mal di Ventre, sembrava essere andato a buon fine. Invece, subito dopo il termine delle operazioni, una forte mareggiata l’ha riportata in superficie. A quel punto si è reso necessario un secondo intervento, condotto tra l’altro dai tecnici in condizioni particolarmente difficili anche perché l’animale è ormai in stato di decomposizione e gonfio dei gas naturali prodotti dalla decomposizione. La seconda operazione mirava a riportare il capodoglio in un punto in cui ancorarlo. Raimondo Pili, subacqueo titolare della scuola sub Karakodes Diving Center di Su Pallosu, che si occupa anche di lavori subacquei, ha partecipato all’operazione di nuovo posizionamento del cetaceo. «L’abbiamo riportato verso Mal di Ventre – spiega –. Questa volta però verso la boa nord. L’animale era ormai in stato di avanzata decomposizione, pertanto non si è parlato di inabissarlo perché l’operazione, a mio parere, poteva provocarne l’esplosione».

L’unica cosa che hanno potuto fare i tecnici e i subacquei, quindi, è stato legare l’animale alla boa. «Dopo l’intervento di fissaggio – prosegue Raimondo Pili – la carcassa è rimasta nel sito dove si trova ancora adesso. Inabissarla era sconsigliato e l’unico intervento possibile, dopo che il capodoglio è riemerso, era quello che abbiamo eseguito». In casi analoghi, a detta dei tecnici, la cosa migliore da fare è intervenire con tempestività. Altrimenti il rischio è che la situazione si complichi, come accaduto stavolta, e diventi più difficile da risolvere. Adesso la carcassa è saldamente legata a una boa che si trova nella zona A, a circa un migliaio di metri dall’isola di Mal di Ventre, interdetta a qualunque attività balneare e di pesca, e da lì non dovrebbe più sganciarsi. Almeno questo è quello che sperano tutti. Soprattutto si spera che l’ultimo intervento effettuato dai tecnici subacquei sia quello definitivo e risolutivo.

Nel suo elemento naturale, il mare, i resti del cucciolo di capodoglio, una femmina lunga circa dieci metri e pesante almeno cinque tonnellate, entreranno nella catena alimentare e serviranno a sostentare altri pesci e, come sempre accade, contribuiranno a generare altra vita. L’esperienza maturata nella circostanza dovrà comunque servire in futuro per casi simili. La tempestività dell’intervento, oltre a evitare le processioni degli amanti del selfie, evita anche le conseguenze determinate dalla burocrazia.

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