La Nuova Sardegna

Oristano

Ricci, la ricerca dell’Imc: «Serve piano di gestione»

di Enrico Carta
Ricci, la ricerca dell’Imc: «Serve piano di gestione»

Il miracolo di Su Pallosu dove i fondali sono ricchissimi non è sufficiente In altre aree la quantità è molto inferiore e le attività andrebbero controllate

11 luglio 2018
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ORISTANO. Non ci fosse di mezzo la natura con le sue leggi rigorose si potrebbe pensare a un miracolo. Più semplicemente lo studio effettuato dal Centro Marino Internazionale assieme ai ricercatori del Cnr e dell’Università di Sassari è la testimonianza di come la natura stessa sia in grado di sfruttare a proprio favore condizioni particolari. Succede nell’area tra Su Pallosu, Capo Mannu e Putzu Idu, una delle più sfruttate per la pesca del riccio eppure una delle più popolose nonostante l’intensità con cui questa pesca venga praticata.

È senza dubbio l’esito più sorprendente della ricerca portata avanti dagli esperti, ma la conclusione non tragga in inganno. La presenza di condizioni meteo marine particolari legate soprattutto al tipo di correnti e la scarsa presenza di altri predatori hanno consentito di evitare il depauperamento dell’area che presenta una capacità riproduttiva più elevata di quella riscontrata nel perimetro dell’Area Marina Protetta di Tavolara. In quel tratto della costa sanverese è stata riscontrata la più alta concentrazione di larve disponibili di tutto il nord Sardegna ed è anche la seconda, dopo la Costa Paradiso, per abbondanza di reclute ovvero di ricci di dimensione tra lo 0,1 e i 10 millimetri per 1,5 metri quadrati.

Numeri che sicuramente i ricercatori sono in grado di leggere e interpretare in maniera più ampia di chi non è addetto ai lavori, tanto è vero che lo studio che ha visto protagonisti soprattutto i ricercatori Simone Farina e Ivan Guala non si interromperà di fronte a questo primo esito. Il fronte della ricerca, finanziata dal progetto europeo Girepma, non si limita alla sola area di Su Pallosu-Capo Mannu-Putzu Idu, va oltre e considera altri tratti della costa oristanese dove la vita per il riccio di mare è ben più complicata per condizioni biologiche e fisiche ostili – la presenza di predatori è una di queste –. L’obiettivo è di offrire un quadro completo e da lì effettuare il passo successivo che è quello della gestione e del controllo della pesca del riccio.

Oggi le regole sono identiche per l’intero territorio regionale e non tengono conto delle diversità dei sistemi ambientali. Si vuole invece arrivare a stabilire delle vere e proprie quote di prelievo adeguate a ciascuna area in modo da evitare l’eccessivo sfruttamento e il depauperamento dei fondali comprendendo quelli dell’Area Marina del Sinis-Mal di Ventre.

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