La Nuova Sardegna

Oristano

I cento anni della diga che cambiò la Sardegna

di Maria Antonietta Cossu
La diga di Santa Chiara a Ula Tirso
La diga di Santa Chiara a Ula Tirso

Ula Tirso, il grande sbarramento di Santa Chiara fu costruito un secolo fa. Programma di eventi per ricordare una struttura che fu fondamentale per l’isola

14 agosto 2018
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ULA TIRSO. È trascorso un secolo da quando le prime squadre di operai affondarono i badili nella terra di quell'immenso cantiere che cambiò il volto al territorio e contrassegnò un'epoca. Solo sei anni più tardi fu realizzata la diga di Santa Chiara, la mastodontica opera idraulica concepita per regolare le piene del Tirso, produrre energia elettrica e irrigare le pianure del Campidano. Nacque un colosso in calcestruzzo alto 70 metri e lungo 260, con una capacità massima d’invaso di 402 milioni di metri cubi. La sua entrata in funzione favorì il processo di modernizzazione del settore agricolo nella piana sud-occidentale della regione, un passaggio epocale che sarà ricordato nella manifestazione itinerante che prenderà le mosse da Ula Tirso e interesserà i centri del Barigadu, Cagliari e Oristano.

Le celebrazioni del centennale saranno inaugurate il 17 agosto in piazza IV Novembre, punto di snodo dell’itinerario fotografico sull’archeologia industriale. Nel centro storico saranno installate dieci gigantografie che ritraggono le fasi della costruzione. Le immagini provengono dall’archivio del primo direttore dei lavori, l'ingegnere Felice Costamagna.

Il fotografo e regista Simone Cireddu farà un excursus storico, mentre i cambiamenti dettati dall'intervento d’infrastrutturazione e come quelle trasformazioni fossero percepite dalle popolazioni locali, lo raccontano, nelle interviste curate da Umberto Cocco e Gianni Carta, i figli e i nipoti dei diretti testimoni dell’epoca e gli ex lavoratori della Società elettrica sarda che abitarono nel villaggio di Santa Chiara.

«L’avvento della diga rappresentò per tutta la Sardegna una piccola rivoluzione industriale - dice il sindaco Ovidio Loi - fu avviato un processo di cambiamento che doveva portare benefici sull'intero territorio regionale, basti pensare alla stagione delle bonifiche o alla linea elettrica che alimentava persino le miniere dell'Iglesiente».

Per i territori a monte dell'infrastruttura idraulica, notoriamente estromessi dall'uso della risorsa idrica, non ci furono ricadute sul settore primario. «In verità la diga portò più danni che benefici a Ula Tirso» dice Michele Loi, che lavorò nello sbarramento e visse a Santa Chiara dal '75 al '91 -. I terreni migliori furono invasi dalle acque e i contadini ne risentirono. Se Ula ha avuto qualcosa sono stati l'energia elettrica e posti di lavoro, ma numericamente inferiori rispetto al circondario».

Oggi le architetture sono in abbandono: «La diga e il villaggio sono gli emblemi di Ula Tirso - sottolinea il sindaco Loi -, ma essendo di proprietà di Enas e 'Enel, per il Comune è impossibile creare itinerari di archeologia industriale. Cercherò di rendere percorribile il passaggio pedonale per qualche giorno».

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