La Nuova Sardegna

Oristano

«Pronti a farla abbattere Lo stabilisce la legge»

di Eleonora Caddeo
«Pronti a farla abbattere Lo stabilisce la legge»

Reazioni dopo la sentenza del Consiglio di Stato sulla palazzina di via Tazzoli Il vicino chiede la demolizione, ma per i residenti esiste un’alternativa

22 settembre 2018
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ORISTANO. Una questione di millimetri. Da un lato quelli, solo figurati, su cui si arrocca la posizione di Salvatore Forresu, parte in causa nella annosa vicenda del condominio di via Tazzoli, che, attraverso il proprio legale, l'avvocato Stefano Porcu ribadisce in maniera perentoria. «I muri o la palazzina vanno abbattuti, la nostra posizione non si sposta di un solo millimetro». Dall'altro lato ci sono invece i millimetri ben più concreti, e quantificati in settecento sessanta in meno rispetto a quanto previsto dalla legge, in ragione dei quali il Consiglio di Stato ha sentenziato qualche giorno fa la non regolarità della costruzione dell'edificio. Potrebbe riassumersi cosi la breve ma intensa storia della palazzina di via Tazzoli, angolo via Conciliazione, che dal 2009 è al centro di una vicenda giudiziaria, passata prima dal Tribunale amministrativo regionale e poi al Consiglio di Stato, per verificare la regolarità della costruzione del progetto, e il rispetto delle distanze, tra la palazzina, opera della società dell'architetto Giovanni Lochi, e l'adiacente villetta di proprietà di Forresu. All'indomani del pronunciamento definitivo della sezione sesta del Consiglio di Stato, presieduta dal giudice Sergio Santoro, a conferma della sentenza del Tar, si ha una certezza: quella palazzina lì non può stare. Lo sanno bene le cinque famiglie, parti in causa nel procedimento civile insieme all'architetto Lochi, domiciliate negli appartamenti che compongono la nuova costruzione. Per il momento i residenti preferiscono non parlare, nonostante la loro posizione sia ben chiara. «Il Comune di Oristano anni fa ha concesso una deroga – spiegano persone vicine alle famiglie – e chi ha costruito lo ha fatto in buona fede, anche alla luce di quel documento». Il richiamo ad una responsabilità terza quindi, e una netta presa di posizione a favore del costruttore, con la volontà, che si traduce in speranza, di non abbandonare la propria casa. Di tutt'altro avviso è l'altra parte in causa, il medico dirimpettaio. «È una vicenda complicata – spiega l'avvocato Porcu – che umanamente dispiace, ma i titoli per la costruzione sono stati annullati, e c'è un ordine di arretrare la costruzione e ridurre l'altezza". Modifiche di certo non facilmente apportabili, ma ora più che mai pretese da Forresu. «Se non lo faranno spontaneamente – chiosa il legale – come previsto per legge, una azienda indicata dal giudice svolgerà i lavori per l'abbattimento dei muri o della palazzina". Ma c'è chi suggerisce anche un’altra ipotetica soluzione. Esisterebbe una sentenza che consentirebbe la permanenza della palazzina costruita non a norma, previa muratura delle porte e finestre dal lato della confinante parte in causa.

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