La Nuova Sardegna

Oristano

Appello dalla scuola ferita «Alleanza con le famiglie»

di Enrico Carta
Appello dalla scuola ferita «Alleanza con le famiglie»

Dalle aule ai libri, l’ex dirigente scolastico Luigi Roselli espone la sua esperienza Il suo racconto si accosta anche alle ultime vicende di cronaca di Ghilarza

26 novembre 2018
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ORISTANO. A volte la cronaca ha il potere di restituire il ruolo che meritano a istituzioni che stavano perdendo il loro valore. Da un osservatorio privilegiato come quello della dirigenza scolastica di un istituto superiore, il professor Luigi Rosseli, ha addirittura anticipato la cronaca. Il suo libro “Scuola ferita, ma bella” è arrivato proprio nei giorni in cui l’attenzione era concentrata sui fatti di Ghilarza. Dirigente scolastico proprio nell’istituto superiore della cittadina sino alla pensione arrivata un anno e mezzo fa dopo 43 anni di servizio tra insegnamento e dirigenza, Luigi Roselli è stato a contatto con i ragazzi oggi protagonisti di una delle vicende più sconvolgenti degli ultimi anni in Sardegna.

Ma il suo libro non tratta certo di cronaca, per quanto le sue analisi sfiorino inevitabilmente l’attualità. Il sottotitolo “Per un’alleanza scuola-famiglia” non fa infatti che rinforzare il concetto ribadito a più voci in queste settimane in cui ci si è interrogati a lungo sul ruolo educativo che la famiglia e la scuola stanno avendo sui ragazzi. Luigi Roselli dà inevitabilmente del tu alla realtà ghilarzese e dei paesi vicini, con Abbasanta e Norbello in prima battuta: «La maggioranza dei ragazzi è bravissima, ma sta subendo le logiche imposte dai nuovi mezzi di comunicazione e di riflesso del mutamento sociale. E poi non dimentichiamo che spesso passano sotto silenzio le cose positive perché quelle fanno meno clamore». Non è una difesa d’ufficio della società che egli stesso descrive nel libro e in cui inevitabilmente l’ultima parte di carriera professionale ha un ruolo importante, non fosse altro perché più fresca nella memoria e perché rappresenta anche l’esito di un percorso iniziato tra i banchi di scuola in un’altra epoca educativa. E infatti alle famiglie viene rivolto quasi un rimprovero: «Non possono essere quasi i sindacalisti dei loro figli, devono saper dire dei no perché i figli a loro volta giudicano i genitori e l’esempio che questi ultimi danno loro diventa fondamentale».

Dei due anni a Ghilarza, fuori dalle righe del libro in cui si incontrano Gramsci, Don Milani, Don Gallo, Pasolini e in cui si muovono ragazzi e adulti in un’unione inscindibile, è stato il contatto coi ragazzi delle Professionali: «Rispetto agli studenti del liceo, hanno più bisogno di attenzioni. L’approccio del docente dev’essere diverso con loro perché sono giovani che hanno alle loro spalle una vita brevissima, ma già vissuta. Sono alunni già adulti, magari che lavorano già ogni giorno, e in classe mostrano una vita più forte rispetto a quella degli altri. Il vero problema della scuola, in certe realtà che si stanno desolatamente svuotando e in cui il lavoro che non c’è è una costante, è che i ragazzi si chiedono continuamente perché debbano studiare quando poi per ultimare il loro percorso sono costretti ad andar via». Anche di questo parla la “Scuola ferita, ma bella”.

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