La Nuova Sardegna

TERRALBA. Anche a Roma la denuncia sulla morte dell’indipendentista Doddore Meloni, arrivata dopo diverse settimane di detenzione e un lunghissimo sciopero della fame, rischia di finire nel cassetto. La strada seguita dal pubblico ministero della capitale Corrado Fasanelli è la stessa presa dal suo omologo di Cagliari, Maria Virginia Boi che qualche mese fa aveva chiesto l’archiviazione per la denuncia presentata dai familiari di Doddore Meloni e dal suo avvocato Cristina Puddu. L’indagine si era sdoppiata perché tra le persone soggette all’indagine c’era il magistrato di sorveglianza del tribunale di Cagliari, Daniela Amato il cui profilo non poteva essere esaminato da un collega dello stesso tribunale – quello competente per indagini che riguardano i magistrati cagliaritani è quello romano –.

In realtà la denuncia, presentata qualche settimana dopo la morte di Doddore Meloni il 5 luglio 2017 era contro ignoti, per quanto fosse scontato che potesse riguardare tutte quelle persone che avevano avuto responsabilità dirette sul detenuto, prima che lo sciopero della fame arrivasse sino alle estreme conseguenze. Se nel caso dell’inchiesta cagliaritana non è stata indicata, all’atto della richiesta di archiviazione, una persona fisica a cui imputare qualche reato, in quella romana si fa nome e cognome del magistrato di sorveglianza perché fu colei che negò in un primo momento la scarcerazione di Doddore Meloni non accogliendo la richiesta di trasferimento agli arresti domiciliari. Quando si ritrovò sul tavolo la seconda richiesta non espletò in tempo la pratica perché Doddore Meloni morì.

Secondo i due pubblici ministeri non ci sono quindi profili di colpevolezza e nessuno va perseguito per la tragica fine dell’indipendentista. Così non è per la difesa. Il 23 gennaio si discuterà di fronte al giudice per le indagini preliminari l’opposizione presentata dall’avvocato Cristina Puddu. E a Roma la strada seguita dl legale sarà la medesima.