La Nuova Sardegna

Oristano

sartiglia 

Sa pippia de maju simbolo di rinascita

di Piero Marongiu
Sa pippia de maju simbolo di rinascita

Lo studio dell’antropologa Erika Meles si rifà a documenti dell’800

01 novembre 2019
2 MINUTI DI LETTURA





ORISTANO. Tutto quello che ruota intorno alla Sartiglia contribuisce ad alimentarne il fascino e a rendere unico l’evento, attestato da documenti ufficiali fin dal 1547-48. Ma se della corsa alla stella, della figura di Su Componidori, dei momenti più salienti ed emozionanti che scandiscono la vestizione dello stesso e dei gesti e riti a essa connessi, grazie alle opere redatte da studiosi e appassionati si sa praticamente tutto, altrettanto non si può dire per sa pippia de maju. Infatti, dello scettro realizzato con un doppio mazzo di viole mammola, innestato su una fascina di pervinche tenute insieme da un nastro verde, usato da su componidori per benedire la folla, si sa soltanto che nella simbologia rappresenta la rigenerazione della natura: la fine dell’inverno e l’ingresso della primavera.

A colmare la lacuna ci ha pensato Erika Meles, giovane antropologa seneghese che, a seguito di uno studio durato alcuni anni, ha realizzato un volume dal titolo “Sa pippia de maju: etnografia di un simbolo della Sartiglia di Oristano” – l’immagine di copertina è del fotografo Stefano Flore –. Secondo la studiosa il simbolo, potrebbe rappresentare l’evoluzione di un mazzo di erbe e fiori, come viene descritto genericamente in alcuni documenti di metà ’800, diventato come lo conosciamo adesso alla fine dello stesso secolo e si collocherebbe all’interno della simbologia del rinnovamento vegetale. Il nome, la cui traduzione letterale è “bambina di maggio”, ipotizza Erika Meles, riporta alla contestualizzazione del mazzo fiorito all’interno dei rituali tipici del maggio, che venivano praticati in tutta Europa, quindi anche in Sardegna. L’utilizzo del mazzo fiorito nella giostra oristanese, forse mutuato dai riti agrari tipici del periodo primaverile, auspica il risveglio della natura e riporta anche alle questue infantili del maggio in cui si notano elementi cerimoniali, nei quali le bambine erano definite bambine di maggio, spose di maggio, regine di maggio. In un documento di fine ’800, in possesso dei Gremi, si trova traccia di un compenso dato alla bambina che portava sa pippia de maju a su componidore.

Il volume, pubblicato da Camelia Edizioni-Fondazione Oristano, sarà presentato domenica, alle 17.30, nell’auditorium dell’Hospitalis Sancti Antoni. Interverranno l’autrice Erika Meles e il direttore del Centro Servizi Culturali oristanese Unla Marcello Marras.

Incarichi vacanti

Sanità nel baratro: nell’isola mancano 544 medici di famiglia

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative