La Nuova Sardegna

Oristano

Manette per i tre uomini d’oro

di Enrico Carta
Manette per i tre uomini d’oro

Arrestati due dei quattro autori del furto al centro commerciale e il venditore che riciclava i gioielli

09 novembre 2019
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ORISTANO. Sembravano imprendibili, sono in carcere. Finisce così la bella e spericolata vita di due dei quattro uomini d’oro che misero a segno il colpo da 250mila euro al centro commerciale Porta Nuova tra il 31 dicembre 2017 e il 1 gennaio 2018. I professionisti della notte di San Silvestro restano impigliati, dopo quasi due anni, nella ragnatela costruita dagli agenti della Squadra mobile della questura, coordinata dal dirigente Samuele Cabizzosu. Non sono soli: ad accompagnarli dietro le sbarre c’è anche il titolare di una rivendita cagliaritana di oro e gioielli usati, accusato però di riciclaggio e non di furto aggravato, contestazione che invece viene mossa dalla procura ai suoi complici.

Gli arresti. Tre giorni fa sono state eseguite le misure cautelari nei confronti di Alberto Melis, disoccupato di 52 anni di Pabillonis residente a Serdiana, e di Andrea Piras, barista di 30 anni di Dolianova. Il terzo uomo è il titolare di un Compro Oro, il cagliaritano di originario di Dolianova di 59 anni, Roberto Pes. Il resto della banda per ora si perde nel grigio delle riprese delle telecamere di sorveglianza del centro commerciale che ripresero l’azione dei quattro ladri che, quando dovevano mettere a segno un furto, usavano la parola «cena». E quella sera, trattandosi di capodanno, non si limitarono a un pasto frugale, ma apparecchiarono la tavola per il cenone con tre chili e mezzo di oro e gioielli di prima qualità, con contorno di mezzo chilo di oro usato accompagnato da 1.400 euro di vestiti e 300 euro in contante come ultimo piatto del menù.

Il colpo. Alle 21 del 31 dicembre 2017 erano già sul tetto del centro commerciale all’ingresso nord della città, che aveva appena spento le luci. Con sé i ladri avevano una tenda e quello che tra di loro chiamavano «giradischi». È uno smeriglio e la tenda serve per coprire la loro azione. Non si devono vedere scintille, non devono essere scorte sagome che si muovono su quel tetto che, già qualche giorno prima, avevano testato. Avevano infatti provato a verificare se, in caso di forti vibrazioni, sarebbe scattato l’allarme. Il martello pneumatico con cui fecero i buchi di prova non fece però scattare alcun segnale. Così, ben certi della direzione da prendere grazie ai numerosi sopralluoghi effettuati nelle settimane precedenti al colpo, avevano iniziato a ritagliare quel quadrato di soffitto da cui si calarono poi nel negozio di calzature Carpatinus, senza mai intersecare il loro percorso con quello dei sensori dell’allarme che, peraltro, verrà bloccato da un apparecchio jammer che neutralizza le frequenze e quindi ne impedisce il funzionamento. Tra loro comunicano attraverso delle trasmittenti portatili: niente telefoni, perché non dev’esserci alcuna traccia del loro passaggio. Eppure qualcosa va storto per un attimo perché l’allarme entra in funzione. Sono quindi costretti a risalire sul tetto, dove attendono mezz’ora. Le forze dell’ordine non si vedono perché in realtà il segnale non è mai arrivato alla centrale e così si rimettono in azione.

La cassaforte. Si infilano di nuovo tra i cunicoli scavati prima e fanno una visita al negozio di abbigliamento Motivi. Quindi aprono l’ennesimo varco per calarsi al piano terra dove si trova la gioielleria Olla, vero cuore di tutta l’azione. Puntano verso il caveau che portano via assieme al suo prezioso contenuto. Quando escono da Porta Nuova, come indicato dalle telecamere di sorveglianza, sono le 6.30 del mattino. Caricano, probabilmente su un furgone, le scale e tutti gli altri arnesi che hanno utilizzato per mettere a segno il colpo e quindi fanno rotta verso casa. I botti di capodanno in città sono finiti da un pezzo, ma loro hanno ancora lo spumante da stappare per fare festa.

Le indagini. Quando arrivano a destinazione sono convinti di essersi lasciati i pericoli alle spalle. Sbagliano. Iniziano le indagini che partono con un ritardo di due giorni che rende tutto più complicato. Non ci sono impronte, non ci sono tracce biologiche o indizi particolari su cui puntare. Davanti alle telecamere, la notte del colpo grosso, i quattro ladri erano passati col passamontagna sul volto. Sembra un rompicapo irrisolvibile, invece accade qualcosa. Gli agenti ripercorrono a ritroso tantissime ore di filmati raccolti dalle telecamere di videosorveglianza nei vari negozi per cercare di individuare persone che non sono lì per comprare, ma per valutare il tipo e il posizionamento dei servizi di allarme. Qualche faccia sospetta viene notata più volte aggirarsi per i negozi e così si prova a dare un nome a quei volti. Quando ci si riesce è la svolta. Viene controllato il telefono di un sospetto e ci si accorge che la sera del colpo resta muto e non invia messaggi. Lo stesso accade per il telefono del complice. È la freccia che indica la direzione. La strada è lunga, ma alla fine porta ai tre uomini d’oro.

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