La Nuova Sardegna

Oristano

Trent’anni senza cavalli, l’ippodromo non galoppa

di Ivana Fulghesu
Trent’anni senza cavalli, l’ippodromo non galoppa

Laconi, costruito negli anni ’90 è costato 4 miliardi di lire senza essere utilizzato La struttura della Comunità montana del Sarcidano è oggi abbandonata

08 febbraio 2020
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LACONI. Compie trent’anni anni l’ippodromo abbandonato di Su Sramentu. Lasciato al suo destino nel silenzio dei boschi, ma non dimenticato perché, anno dopo anno, è diventato il riferimento di ciò che non si dovrebbe fare: realizzare opere importanti per poi lasciarle morire inutilizzate. È la classica storia di un’incompiuta e forse di una pianificazione sbagliata, di cui ci sono tanti esempi anche in altre parti della Sardegna, ma in questo caso i lavori non sono stati lasciati a metà e la struttura è stata abbandonata solo dopo essere stata ultimata e dotata di tutti i comfort.

Si tratta di un’opera realizzata nei primi anni ’90 dalla Comunità Montana del Sarcidano, ma mai decollata costata circa 4 miliardi di quelle lire oggi non più in uso. Poco cambia, perché si è comunque di fronte a una somma considerevole per un progetto forse troppo ambizioso per un piccolo centro dell’interno dell’isola. Nelle intenzioni dei committenti c’era infatti l’idea di realizzare un maxi impianto, tale da fare concorrenza ai principali ippodromi dell’isola. Il risultato fu un impianto se non ai livelli di quelli più importanti, comunque di tutto rispetto, composto da una pista ad anello di 1.050 metri, una tribuna capiente, un galoppatoio coperto idoneo anche per il dressage, maneggi e spazi destinati ai box per il ricovero dei cavalli.

Le premesse all’epoca sembravano buone, si voleva puntare sul turismo equestre. Punto di forza era l’esclusività del luogo, immerso tra i boschi, dove trova il suo habitat naturale il cavallo del Sarcidano, una delle poche razze autoctone dell’isola. È vicino alla Borgata di Santa Sofia, dove si è sempre tenuta con successo la fiera del cavallo, una vetrina importante che per tanti anni ha richiamato l’attenzione degli operatori e degli appassionati del settore.

La realtà, però, ha avuto un risvolto diverso dalle aspettative. Nel corso degli anni, particolarmente nell’ultimo quindicennio, la crisi del settore ippico che ha colpito anche le strutture ben consolidate e in generale il difficile periodo economico hanno scoraggiato quei pochi imprenditori che eventualmente sarebbero potuti essere interessati alla gestione dell’impianto. La struttura, concessa intanto in comodato d’uso al Comune dalla Comunità montana che ne aveva proposto l’acquisto al prezzo simbolico di 1 euro, ha necessitato di ulteriori interventi per sanare i danni causati dall’incuria e dal tempo che passa. Poi ci sono stati diversi tentativi di farla decollare affidandola in gestione, ma sinora senza esito.

Si era pensato ad alternative come quella di destinare l’ippodromo all’attività di ippoterapia, alle scuole di equitazione, a una sorta di nursery per i cavalli o comunque per la cura dei cavalli malati. Nessuna delle tante proposte, però, è mai diventata realtà. La realtà, invece, sotto gli occhi di tutti, mostra un complesso abbandonato, difficilmente recuperabile senza ulteriori investimenti, che non ha dato quanto auspicato: ritorno economico e rilancio turistico, ma, al contrario, ha prodotto soltanto un ingente spreco di denaro. Insomma quello che sarebbe dovuto essere un investimento a lungo termine è purtroppo un’esperienza fallimentare che oggi può e deve tornare utile come paradigma per orientare le scelte future.

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