La Nuova Sardegna

Oristano

La testimone conferma: «Ho visto la macchina»

di Enrico Carta
La testimone conferma: «Ho visto la macchina»

La vicina smonta l’alibi di Giovanni Perria che disse di essere rimasto in casa La difesa del marito imputato la insidia sugli orari e sulla direzione dell’auto

11 febbraio 2020
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INVIATO A CAGLIARI. Una partita della Nazionale di calcio, le luci di un’auto e una sera che scorre via sembrando uguale a tutte le altre. È quella del 10 ottobre 2018 che a Narbolia ricorderanno per molto tempo. Solite cose, come i panni da stendere, qualche parola urlata nella casa dei vicini – quale casa? – e i fari di un’auto che lasciano il giardino dei dirimpettai. Riconobbe la macchina e lo ripete davanti alla Corte d’assise: «Era quella di Giovanni Perria». La vede andar via, la vede rientrare con il guidatore che la parcheggia in garage smontando così l’alibi dell’imputato che dichiarò di non esser mai uscito di casa in quella sera diversa dalle altre.

È la prova regina del processo contro il 78enne accusato di aver ucciso la moglie Brigitte Pazdernik, gettandola in mare tramortita convinto di averla uccisa in casa schiacciando un cuscino sul viso sino quasi a soffocarla? Il pubblico ministero Armando Mammone non ha dubbi, l’avvocato difensore Antonello Spada ha provato a mettere più volte in difficoltà la testimone chiave Graziella Carboni.

Gli orari e il tragitto compiuto dall’auto sono il primo punto di scontro tra accusa e difesa. Le dichiarazioni della testimone all’indomani della sparizione di Brigitte Pazdernik variano di mezz’ora, ma c’è un riferimento solido che è quello della fine della partita tra Italia e Ucraina. Significa che, al di là di quanto dichiarato allora e ieri in aula, la certezza è che mancano pochi minuti alle 23 quando la vicina di casa dei coniugi inizia a fare la spola tra la cucina e il balcone, da dove si affaccia più volte per stendere i panni. Esce anche un attimo per strada e lascia il contenitore dei rifiuti sul marciapiede. In quei trenta minuti fa in tempo a vedere per due volte la macchina di Giovanni Perria – le case sono l’una di fronte all’altra –. «Ho notato che uscivano, era strano vista l’ora. Ho pensato che Brigitte stesse male». Non è in grado di dire chi guidasse e se ci fossero passeggeri, ma sulla macchina è sicura: «L’ho riconosciuta da come ho visto i fari, era quella di Perria».

Va a letto, ma il sonno dura poco. A mezzanotte e mezza, Rachele Perria, la figlia dell’imputato nonché parte offesa, sveglia lei e il marito dicendole che la madre è sparita. A dare l’allarme era stato proprio il padre che a tutti, come hanno ripetuto i vari vicini di casa interrogati ieri, ripete la stessa storia: «Ci disse che stavano guardano il Chi l’ha visto? tedesco e che erano andati a letto molto scossi per il contenuto. Ci disse che non riusciva a dormire e che la moglie era entrata in salotto per dirgli di prendere una pastiglia. Qualche attimo dopo aveva sentito la serranda e visto Brigitte scappare per strada». Disse che indossava una vestaglia e che non la seguì «perché era in mutande ed era rientrato a vestirsi». Da quel momento anche nel racconto di Giovanni Perria, la moglie è un fantasma sino a che non riemerge, vestita, dalle acque di Su Pallosu qualche giorno più tardi.

I racconti dei testimoni ricalcano tutti quello di Teresa Carboni. Di fronte alla presidente della Corte, Tiziana Marogna, al giudice a latere Giorgio Altieri e ai giudici popolari il racconto di Maria Rita Tola, Antonio Sandro Dessì, Franco Scanu, Giovanni Mirai, Maria Pina Dessì, Salvatore Masala e del luogotenente dei carabinieri Luigi Aulitto si incentra soprattutto sui momenti successivi alla sparizione e su quel che dice loro Giovanni Perria. Ma c’è spazio anche per ricostruire i rapporti tra la coppia. C’è chi dice che vivessero «in simbiosi», chi semplicemente che andavano d’accordo, chi ricorda qualche discussione «in tedesco» perché in fondo quella era la loro lingua dopo tutti gli anni trascorsi in Germania.

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