La Nuova Sardegna

Oristano

Niente diffamazione, tre assolti

di Enrico Carta
Niente diffamazione, tre assolti

I ragazzi del collettivo Furia Rossa imputati per il post sul blog contro l’ex questore e alcuni agenti

25 febbraio 2020
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ORISTANO. Critica, ma non diffamazione. O forse è presto persino per affermare se davvero questo ha inteso il giudice nel momento in cui ha deciso l’assoluzione o se invece si sia fermato ancora prima di entrare nel merito delle frasi contestate a tre componenti del collettivo politico Furia Rossa finiti sul banco degli imputati. Chiamavano in causa alcuni funzionari di polizia che operarono ad Arborea nel contesto dello sfratto, quanto mai osteggiato da vari movimenti dei più svariati colori politici, che doveva essere eseguito ai danni della famiglia Spanu. Concluso lo sgombero, sul blog della Furia Rossa comparve il post che ha portato di fronte al giudice monocratico Marco Mascia, alcuni dei ragazzi che del collettivo fanno parte e che manifestarono, con le parole, il loro dissenso verso l’azione messa in atto dalle forze dell’ordine che, peraltro, eseguivano un ordine del tribunale dopo alcuni vani tentativi di effettuare lo sfratto.

Da qualche settimana Mario Figus (28 anni), Davide Pinna (27 anni) e Marco Contu (25 anni) attendevano la sentenza dopo che il pubblico ministero Giuseppe Scarpa aveva chiesto la loro condanna a otto mesi e le parti offese, rappresentate dall’avvocatessa Rossella Oppo, volevano un risarcimento a molti zeri. A fare la denuncia erano stati l’ex questore Francesco Di Ruberto, il dirigente della Digos Vincenzo Valerioti e il poliziotto Andrea Brigo, chiamati in causa da un lungo post pubblicato sul blog e rilanciato attraverso i social network. Questo era scritto: «Oggi ad Arborea, la violenza dello Stato italiano aveva il volto di Francesco Di Ruberto, questore di Oristano, di Vincenzo Valerioti, capo della Digos, di Pino Scrivo, primo dirigente (il quale non aveva presentato querela, ndr); aveva il volto di tutti gli uomini al loro seguito e di centinaia di celerini, canis de isterzu (in sardo cani capaci solo di mangiare, ndr), anche oggi pronti a portare a casa la pagnotta sulla pelle e la sofferenza altrui. Un’operazione militare in piena regola, con un costo che non ci è dato sapere, portata avanti in modo esemplare: l’unico modo che ci si può aspettare da questi signori».

Alla denuncia avevano fatto seguito il processo e la richiesta di risarcimento danni che le parti offese avevano quantificato in 220mila euro totali – 100mila per l’ex questore, 70mila per il dirigente della Digos e 50mila per il loro sottoposto –. Tutto rimandato a un eventuale appello che vada però in senso opposto alla sentenza di primo grado, perché per il giudice il reato non è stato commesso. Bisognerà attendere le motivazioni della sentenza per capire quali degli aspetti toccati dalla difesa, affidata all’avvocatessa Rosaria Manconi, abbia convinto il giudice. Anche nelle repliche di ieri si era posto l’accento intanto sul fatto che la responsabilità penale è sempre individuale, per cui non era possibile attribuire con certezza la paternità del post all’uno o all’altro dei ragazzi imputati. Poi era stato sottolineato il fatto che la critica politica non rientra tra le fattispecie per cui si configuri il reato di diffamazione. Vari cenni erano stati poi fatti all’entità del risarcimento dei danni, ritenuta esagerata e paragonata ad altre richieste fatte in tempi come questi e da autorità dello Stato di rango ancora più elevato – ad esempio Salvini da ministro ne chiese 30mila –. Ad ogni modo, non c’è al momento la necessità di contare i soldi perché tutto finisce ancora prima e soprattutto senza condanne.

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