La Nuova Sardegna

Oristano

Dopo l’incidente accusa l’Inail: «Negata l’invalidità da lavoro»

di Michela Cuccu
Dopo l’incidente accusa l’Inail: «Negata l’invalidità da lavoro»

Un autotrasportatore racconta la storia del suo infortunio e la richiesta respinta dall’istituto «Ora sono disoccupato da quasi un anno e sono costretto a chiedere i soldi a mia madre»

01 marzo 2020
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ORISTANO. La beffa ha il suono di parole simili a queste: «La frattura non ha alcuna correlazione con l’incidente che ci ha comunicato: è più vecchia e lei non ha diritto all’indennità di infortunio». Rendono perfettamente il senso della risposta data dall’Inail a un autotrasportatore di Paulilatino, Stefano Oppo, di 50 anni, a cui è come se fosse crollato il mondo addosso. «La frattura per cui ho rischiato la paralisi era stata diagnosticata a seguito di un esame radiologico richiesto proprio dall’Inail – dice –. Ora i referti affermano esattamente il contrario di quanto sostiene il medico legale dell’Istituto».

Tutto ha inizio a luglio 2019, quando l’autotrasportatore, impegnato a scaricare un carrello, accusa un improvviso e lancinante dolore alla schiena. In quel momento non pensa affatto a una frattura, ma ad uno strappo muscolare. La sera, a casa, assume degli antidolorifici, che continuerà a prendere per giorni, senza alcun risultato. Il dolore, anzi, diventa sempre più forte. È a questo punto che decide di fare la visita ortopedica e la successiva radiografia che rivela la frattura vertebrale dovuta allo schiacciamento della colonna. La cura è il riposo e un busto che porterà per tre mesi, eppure, le sue condizioni continuano a peggiorare. Perde sensibilità alle mani e ai piedi, camminare solo con l’ausilio delle stampelle. Così, quando si reca all’Inail per il controllo, è il medico legale che ordina altri accertamenti.

Solo dopo la radiografia salta fuori che c’è una compressione midollare e dalla vertebra fratturata si è staccato un frammento che si sta conficcando nel midollo spinale. «Il radiologo mi ha immediatamente avvisato del rischio di paralisi e della necessità di un’operazione immediata», racconta ancora Stefano Oppo. L’intervento, eseguito d’urgenza nel reparto di Neurochirurgia della Clinica universitaria di Sassari, riesce, ma è lunghissimo e difficile e quando alle 4.30 del mattino, l’autotrasportatore esce finalmente dalla sala operatoria, ha la colonna vertebrale imbullonata e retta con delle stecche interne. Inoltre, indossa un busto che ancora oggi è obbligato a portare. «È da luglio che non posso lavorare e se non vivessi con mia madre, sarei alla fame», racconta ancora. Dopo che l’Inail gli ha rifiutato l’indennità per l’infortunio, ha presentato un ricorso amministrativo. Il suo timore è però quello di dover aspettare chissà quanti mesi ancora prima che la sua pratica venga nuovamente esaminata, ma è deciso ad andare avanti, a costo di rivolgersi a un giudice.

Nella comunicazione che a fine gennaio gli ha inviato l’Inail è scritto: «Il caso viene definito negativamente perché non esiste nesso casuale tra l’evento denunciato e la lesione accertata», che tradotto dall’asettico linguaggio burocratico significa che non gli spetta l’indennità di infortunio. Stefano Oppo non ci sta: «Tutte le certificazioni che ho presentato, compresa quella dell’ospedale di Sassari, affermano esattamente il contrario e che quella frattura vertebrale è recente», dice indignato e mostra il referto di una tac, fatta, per altri motivi, nel 2011 dalla quale non risultano fratture. «Io ora sono praticamente invalido – conclude – non potrò più fare il mio lavoro».

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