La Nuova Sardegna

Oristano

I figli di Brigitte in aula: nostro padre autoritario

di Enrico Carta
I figli di Brigitte in aula: nostro padre autoritario

Testimoni al processo contro Giovanni Perria accusato di aver ucciso la moglie: «Mamma gli dava sempre ragione per evitare conflitti». La difesa: forse suicidio

03 marzo 2020
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INVIATO A CAGLIARI. Un padre padrone, capace persino di abusi sessuali verso una figlia e di tenere sottomessa la moglie. Questo dicono i testimoni, persone non qualunque, ma gli stessi figli di Giovanni Perria, il pensionato di 78 anni di Narbolia a processo per l’omicidio della consorte Brigitte Pazdernik, avvenuto il 10 ottobre del 2018. Il processo però non deve far luce sui fatti vecchi di decenni, bensì sul delitto. E allora la domanda che continuamente aleggia nell’aula della Corte d’Assise di Cagliari è un altra: «È stato lui a uccidere la moglie?»

Lo scontro tra accusa e difesa ancora una volta si è acceso ed è successo all’interno di un’udienza drammatica. Stavolta l’aggettivo è davvero obbligatorio: uno dietro l’altro, di fronte al padre che assiste e più di una volta riga il suo volto con le lacrime, hanno testimoniato i quattro figli della coppia, tre dei quali arrivati dalla Germania. La prima a deporre è stata però Rachele, la figlia che vive a Narbolia, a pochi centinaia di metri di distanza dalla casa di Cungiau de is paras, da dove Brigitte sparisce in una sera di maltempo. Rachele Perria ha ricordato di quando il padre la chiamò per dirle di aver sentito la serranda del garage aprirsi e poi di non aver più trovato in casa Brigitte. »Scappata» disse lui, «gettata in mare e uccisa» sostiene la procura, proprio nel giorno in cui l’avvocato difensore Antonello Spada fa affacciare per la prima volta nell’aula l’ipotesi del suicidio che qualche conferma trova poi nelle deposizioni degli stessi testimoni.

È un processo in cui bisogna mettere insieme varie tessere di un mosaico per arrivare alla verità. Il pubblico ministero Armando Mammone, chiamando a deporre oltre Rachele Perria anche i suoi fratelli Michela, Marcus e Bettina, ha puntato sulla caratterizzazione dell’imputato. I figli, ma anche l’amica del cuore di Brigitte Pazdernik, Maria Huffer, l’hanno descritto come una persona che non tollerava dissenso tanto è vero che la madre, a più riprese, aveva parlato di una «situazione insostenibile per via delle fissazioni sempre più pesanti, per cui era difficile mantenere la pace in casa». Ai periodi di litigio si alternavano brevi momenti di serenità, ma era sempre lei «a fare un passo indietro per mantenere l’armonia, mentre nostro padre non sopportava alcuna critica».

La difesa però punta su altri aspetti e per la prima volta alla Corte, presieduta da Tiziana Marogna con giudice a latere Giorgio Altieri, viene prospettata l’ipotesi del suicidio, partendo proprio dal luogo in cui Brigitte Pazdernik viene gettata o, alternativamente, si è gettata in mare e cioè dal tratto di spiaggia in cui si confondono Is Arenas e Torre del Pozzo. Se il particolare della borsetta ritrovata a Santa Caterina di Pittinuri e ieri riconosciuta dalla figlia Rachele, a differenza di quanto era avvenuto quando depose di fronte alla Squadra mobile, non è ritenuto di eccessiva rilevanza dalle parti, ben altra evidenza viene data dalla difesa ad alcuni aspetti. I figli, in particolare Marcus che pure non è stato tenero nel momento in cui si è trovato a descriverne il carattere, dicono che il padre non era assolutamente esperto di elettronica per cui non sarebbe stato in grado di agire sull’auto per bloccare il contachilometri o per disinstallare la telecamera che gli aveva regalato il nipote qualche mese prima. È quanto invece sostiene l’accusa che dalla sua ha avuto il riscontro sull’eventuale movente. Le liti frequenti erano frutto del tradimento confessato da Brigitte al marito Giovanni. La conferma è arrivata da Mario Perria, fratello dell’imputato nonché colui che quarant’anni prima avrebbe avuto una relazione, forse un solo rapporto, con la vittima.

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