La Nuova Sardegna

Oristano

Difficile contattare l’unità di crisi

di Enrico Carta
Difficile contattare l’unità di crisi

Nessuna risposta alle chiamate dall’ospedale. La Cimo: «Sta saltando il filtro del pre-triage»

16 marzo 2020
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ORISTANO. Il telefono squilla a vuoto. Chiamano i cittadini e l’unità di crisi per il coronavirus non risponde. Il guaio è che anche di fronte alla telefonate dei medici e persino per quelle che partono dal pronto soccorso dall’altra parte nessuno fiata. Ci sono poi casi di operatori del 118 che non rispettano le consegne avute e tutto ciò rischia di far diventare anche l’ospedale San Martino una polveriera. Il risultato poi lo sperimentano i pazienti sulla loro pelle e la riprova la si è avuta tra sabato e ieri quando una persona, con sintomi respiratori preoccupanti, è rimasta in attesa di effettuare il tampone per verificare la positività per oltre quindici ore.

La denuncia di episodi al limite o oltre il limite della prudenza e delle norme arriva dagli stessi medici, quanto mai preoccupati per alcuni comportamenti “fuori protocollo” che mettono a rischio anche la loro salute e l’intero presidio sanitario. Quanto accaduto sabato notte è quanto mai sintomatico di qualcosa che non sta funzionando. Alle 22 l’ambulanza del 118 ha scaricato all’ingresso del pronto soccorso un paziente con seri problemi respiratori e un contatto con un parente arrivato nei giorni scorsi da fuori Sardegna. Non sarebbe dovuto essere lì e infatti è stato immediatamente mandato al presidio esterno per il pre-triage. Da quel momento è rimasto nella tenda per oltre quindici ore, mentre i dottori del pronto soccorso tentavano ripetutamente e inutilmente di prendere contatti telefonici con l’unità di crisi.

La denuncia dei sindacati dei medici si fa immediatamente forte. È Giampiero Sulis, segretario della Cimo, a lanciare il primo segnale di estrema preoccupazione: «Ci sono stati segnalati ritardi da parte dell’unità di crisi per quasi ogni intervento che è stato richiesto. Se si salta il turno, bisogna poi rifare la trafila e le attese riprendono da capo. È il segnale evidente che il meccanismo è da rivedere urgentemente, perché se ci perdiamo di fronte a pochi casi, è facilmente immaginabile quello che accadrà nel momento in cui saremo alla vera emergenza».

I problemi che però si stanno già palesando sono già molteplici. «Siamo poi costretti a segnalare che troppi pazienti con sintomi sospetti vengono portati direttamente nella sala di attesa del Pronto soccorso anziché nella postazione esterna. Il rischio in questo caso è altissimo e non capisco perché venga saltato il primo filtro nonostante le direttive. Se si creano problemi al Pronto soccorso tutto l’ospedale rischia la paralisi».

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