Case di riposo: è allerta virus
di Maria Antonietta Cossu
In provincia aumentate le misure di prevenzione di operatori e ospiti nei diversi centri per anziani
26 marzo 2020
2 MINUTI DI LETTURA
GHILARZA. I focolai interni alle case di riposo di alcuni centri del nord e del sud Sardegna hanno fatto alzare il livello di allerta anche nei territori finora risparmiati dal coronavirus.
Prima ancora che entrassero in vigore provvedimenti normativi più restrittivi diverse strutture socio-assistenziali del Guilcier e del Barigadu avevano adottato alcune misure prudenziali per salvaguardare gli utenti e il personale e in seguito è stata intensificata la sorveglianza sanitaria con il giornaliero monitoraggio dello stato di salute di assistiti e dipendenti.
C'è apprensione per l'imprevedibile andamento dell'epidemia, soprattutto in considerazione della carenza di dispositivi di sicurezza e dei mancati esami preventivi. Ma in nessuna struttura si sta pensando di chiudere.
Nelle comunità alloggio integrate di Ghilarza e Sedilo gli ausili in dotazione sono quasi terminati e reperirne di nuovi è molto difficoltoso. In entrambe le strutture la situazione sanitaria è sotto controllo ma per ridurre al minimo i fattori di rischio è fondamentale non restare sguarniti di prodotti schermanti.
«Li abbiamo richiesti ma non abbiamo ancora ricevuto nulla e stiamo esaurendo le nostre scorte», è l'allarme lanciato da Agnese Lampreu, a capo della cooperativa che gestisce le strutture comunali Angelino Licheri e Sas de Elia.
Con gli ospiti della comunità ad alta intensità terapeutica Santa Caterina di Ghilarza, L'Arca assiste in totale 71 utenti, 57 dei quali anziani. «L'altro problema – ha aggiunto la responsabile – è che non vengono eseguiti i tamponi. Noi applichiamo scrupolosamente la profilassi e ci imponiamo di evitare contatti al di fuori della sede di lavoro e della famiglia, ma per quante precauzioni usiamo non possiamo essere sicuri di restare immuni».
Stesse cautele e preoccupazioni regolano la vita all’interno della casa di riposo di Samugheo, di proprietà della curia vescovile.
L'accesso ai familiari dei 45 ospiti e a tutti i non addetti ai lavori è precluso dagli inizi di marzo, inoltre non vengono presi in carico nuovi utenti.
«Abbiamo dovuto rifiutare diverse richieste di inserimento e sarà così fino alla fine dell’emergenza, è doveroso tutelare gli assistiti e il personale», ha spiegato il parroco Diego Tendas, direttore della struttura.
Per aumentare la sorveglianza sanitaria il responsabile ha disposto la misurazione giornaliera della temperatura corporea di ospiti e dipendenti.
«Se qualche operatore ha anche solo poche linee di febbre resta a casa finché non smaltisce l'influenza e rientra al lavoro solo dietro autorizzazione medica. Se si tratta di un paziente viene messo in isolamento e viene chiamato il dottore. Per fortuna non si sono verificati casi sospetti ma per soggetti così esposti e vulnerabili bisognerebbe fare tamponi a tappeto. Il fatto è che non sono disponibili», ha lamentato don Tendas.
Prima ancora che entrassero in vigore provvedimenti normativi più restrittivi diverse strutture socio-assistenziali del Guilcier e del Barigadu avevano adottato alcune misure prudenziali per salvaguardare gli utenti e il personale e in seguito è stata intensificata la sorveglianza sanitaria con il giornaliero monitoraggio dello stato di salute di assistiti e dipendenti.
C'è apprensione per l'imprevedibile andamento dell'epidemia, soprattutto in considerazione della carenza di dispositivi di sicurezza e dei mancati esami preventivi. Ma in nessuna struttura si sta pensando di chiudere.
Nelle comunità alloggio integrate di Ghilarza e Sedilo gli ausili in dotazione sono quasi terminati e reperirne di nuovi è molto difficoltoso. In entrambe le strutture la situazione sanitaria è sotto controllo ma per ridurre al minimo i fattori di rischio è fondamentale non restare sguarniti di prodotti schermanti.
«Li abbiamo richiesti ma non abbiamo ancora ricevuto nulla e stiamo esaurendo le nostre scorte», è l'allarme lanciato da Agnese Lampreu, a capo della cooperativa che gestisce le strutture comunali Angelino Licheri e Sas de Elia.
Con gli ospiti della comunità ad alta intensità terapeutica Santa Caterina di Ghilarza, L'Arca assiste in totale 71 utenti, 57 dei quali anziani. «L'altro problema – ha aggiunto la responsabile – è che non vengono eseguiti i tamponi. Noi applichiamo scrupolosamente la profilassi e ci imponiamo di evitare contatti al di fuori della sede di lavoro e della famiglia, ma per quante precauzioni usiamo non possiamo essere sicuri di restare immuni».
Stesse cautele e preoccupazioni regolano la vita all’interno della casa di riposo di Samugheo, di proprietà della curia vescovile.
L'accesso ai familiari dei 45 ospiti e a tutti i non addetti ai lavori è precluso dagli inizi di marzo, inoltre non vengono presi in carico nuovi utenti.
«Abbiamo dovuto rifiutare diverse richieste di inserimento e sarà così fino alla fine dell’emergenza, è doveroso tutelare gli assistiti e il personale», ha spiegato il parroco Diego Tendas, direttore della struttura.
Per aumentare la sorveglianza sanitaria il responsabile ha disposto la misurazione giornaliera della temperatura corporea di ospiti e dipendenti.
«Se qualche operatore ha anche solo poche linee di febbre resta a casa finché non smaltisce l'influenza e rientra al lavoro solo dietro autorizzazione medica. Se si tratta di un paziente viene messo in isolamento e viene chiamato il dottore. Per fortuna non si sono verificati casi sospetti ma per soggetti così esposti e vulnerabili bisognerebbe fare tamponi a tappeto. Il fatto è che non sono disponibili», ha lamentato don Tendas.