La Nuova Sardegna

Oristano

La “Fase 2” è alle porte ma il reparto non è pronto

di Michela Cuccu
La “Fase 2” è alle porte ma il reparto non è pronto

Lo spazio che deve ospitare i casi sospetti di Covid-19 è ancora in allestimento Polemiche per l’esclusione dell’ospedale dalle strutture che accolgono contagiati

31 marzo 2020
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ORISTANO. L’ex reparto di pediatria che dovrà ospitare i pazienti con sospetto covid non è ancora pronto. Ancora ieri sera gli operai stavano completando l’allestimento degli arredi: mancano però le porte, i macchinari, i percorsi di sicurezza, gli spogliatoi del personale. Dunque bisognerà attendere ancora qualche giorno e sperare che non ci siano nuove emergenze come l’ultima di sabato scorso, prima che l’Assl chieda alla Regione di autorizzare l’apertura del nuovo reparto, mai come in questi giorni percepito come indispensabile.

Sabato sera, infatti, il Pronto soccorso del San Martino è stato chiuso e riaperto solo verso le 13 di domenica. Non strutturato per poter affrontare l’arrivo, quasi in contemporanea, di sei pazienti con sintomi che facevano sospettare il contagio da coronavirus, il reparto che dispone di appena tre posti letto in quello che in gergo ospedaliero viene ora chiamata “area covid”, ha dovuto utilizzare anche gli altri spazi per ospitare i pazienti, cinque dei quali, fortunatamente, risultati negativi al tampone.

«Se l’ex pediatria fosse stata pronta non sarebbe accaduto – dice Giampiero Sulis, medico radiologo e segretario provinciale del sindacato Cimo –. In Sardegna siamo in enorme ritardo, si sta ancora ragionando come se il virus non fosse arrivato, invece, purtroppo c’è. A questo punto possiamo solo sperare di metterci in fretta in linea con l’attivazione dei piani di contrasto: l’epidemia non ha certo i tempi della burocrazia».

Frasi che la dicono tutta sulle scelte fatte dalla Regione di non considerare il San Martino come punto di riferimento per la cura dei pazienti colpiti dal covid-19, assegnando questo ruolo agli ospedali di Sassari, Nuoro e Cagliari. Sarà inoltre la Regione ad autorizzare l’apertura del reparto che l’Assl di Oristano, nel frattempo, ha dotato di sala operatoria, trasferendone una che fino a pochi giorni fa era utilizzata dal reparto di Cardiologia per l’applicazione dei by pass e di un’area per la terapia intensiva.

Il nuovo reparto avrà una capienza di 13 posti letto – in casi estremi potrebbero essere portati a 20 – con un organico composto da 11 medici e 13 infermieri. A meno che i programmi della Regione non cambino, all’ospedale di Oristano si tratteranno soltanto i casi sospetti, in attesa dell’esito delle analisi, mentre i conclamati dovranno essere trasferiti a Cagliari, Sassari o Nuoro.

Ieri, intanto l’Assl ha chiesto alla Regione l’autorizzazione per poter effettuare le analisi dei tamponi nei propri laboratori di Oristano – attualmente vanno inviati a Cagliari – in maniera tale da accelerare i tempi della diagnosi. Il timore però che i tempi per l’apertura del reparto e quelli per lo svolgimento delle analisi si dilatino ancora è forte e anche se i numeri dei contagi finora sono i più bassi del resto dell’isola, fra la popolazione cresce l’apprensione a seguito del decesso di un paziente e dei nuovi casi accertati a Cabras e Nurachi, paesi molto vicini.

«Purtroppo è un problema che arriva da lontano. Nasce dal piano sanitario regionale che non ha voluto assegnare al San Martino la giusta collocazione – dice ancora Sulis –. Mi si accusi pure di dietrologia, ma purtroppo è la realtà». Tutto questo mentre infuria la polemica da parte dei sindacati e dell’Ordine provinciale dei medici che a più riprese hanno chiesto alla direzione generale dell’Assl di conoscere i dettagli del piano di contenimento di diffusione del virus, culminata nella richiesta formale all’assessore regionale alla Sanità, Mario Nieddu, della sostituzione del direttore sanitario del san Martino, Sergio Pili.

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