La Nuova Sardegna

Oristano

Coronavirus, l'ospedale San Martino «senza medici né protezioni»

Enrico Carta
Coronavirus, l'ospedale San Martino «senza medici né protezioni»

La denuncia: Rianimazione già al collasso e in più manca l’attrezzatura per limitare i contagi

08 aprile 2020
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ORISTANO. Ci vuole un fisico bestiale per resistere ai turni imposti dall’emergenza. Impossibile stare a galla. Il salvagente per il San Martino sarebbero i medici, ma quattro sono stati trasferiti nei giorni scorsi. Così Oristano si ritrova con una squadra dimezzata. Se per ora si fanno i miracoli visto che c’è il nemico Coronavirus da tenere a bada, è impensabile mantenere in futuro i turni garantiti solo per la deontologia dei medici e che vanno ben al di là del sostenibile. Anche avendo un fisico bestiale.

Nel bel mezzo del depotenziamento del reparto di Anestesia e Rianimazione, i consiglieri regionali Annalisa Mele (Lega) e Domenico Gallus (Udc) invece hanno dichiarato che le polemiche di sindacati e Ordine dei medici sono pretestuose: chi ha lasciato il San Martino aveva fatto richiesta di trasferimento da tempo ed è stato sostituito da due specializzandi. Gettare benzina sul fuoco avrebbe tenuto più basse le fiamme della polemica che investe proprio i due consiglieri regionali, e medici, diventati bersaglio delle accuse sia dell’Ordine che di Aaroi-Emac per gli anestesisti rianimatori.

A parlare per questi ultimi il rappresentante Assl Giuseppe Obinu e il presidente regionale Cesare Iesu: «Con l’organico a disposizione, si riesce a garantire l’attività ordinaria di rianimazione, le urgenze intraospedaliere, una sala operatoria per le urgenze e, sino a questo momento seppure non quotidianamente, una sala per gli interventi non rinviabili come i tumori. Un’eventuale apertura della rianimazione Covid avverrebbe con grande difficoltà. Una volta risolta l’emergenza, senza nuovo personale, non sarà possibile riprendere l’attività ordinaria nelle sale operatorie di chirurgia, ginecologia, ortopedia, urologia, endoscopia, il servizio di partoanalgesia, la terapia del dolore, i cambi cannula a domicilio, il posizionamento dei vasi centrali per chemioterapia. Negli ultimi otto mesi, sono andati via definitivamente sei anestesisti rianimatori, più una maternità non sostituita» Arrivano sì gli specializzandi che però per legge possono solo affiancare i colleghi e non sostituirli. Anche il presidente dell’Ordine dei medici Antonio Sulis chiede trasparenza all’assessorato regionale alla Sanità sulla destinazione ultima delle persone appena trasferite. Che il marcio non sia solo in Danimarca come diceva Shakespeare, ma anche vicino a casa?

Si attendono risposte e intanto il personale dell’ospedale solleva il secondo problema: la dotazione di dispositivi e la loro distribuzione è insufficiente, tanto che Cgil e Cimo, rappresentate da Sandro Fronteddu e Giampiero Sulis, hanno inviato una diffida alla Regione, di cui hanno informato anche la prefettura. In ospedale sono più ricercati di un fuorilegge nel Vecchio West tutti i presidi per la sicurezza individuale. Mascherine, occhiali, cuffie e altre dotazioni sono state destinate in quantità sufficiente solo al Pronto soccorso e in misura inferiore, ma non adeguata alla Rianimazione. Nemmeno il reparto Covid ne è dotato. E i pazienti potenziali veicoli di contagio non passano solo lì, ma percorrono androni e corsie per arrivare, ad esempio, nel reparto di Radiologia dove sostano. Sono anche i medici, i tecnici e il personale di Radiologia a compiere il percorso inverso per svolgere nel reparto Covid alcuni esami diagnostici. La diffida è il primo passo, un cartellino giallo che può ben presto diventare rosso con una denuncia e il caso che da materia sindacale potrebbe diventare materia da procura della Repubblica.

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