La Nuova Sardegna

Oristano

L'omicidio di Manuel Careddu tra pizzette e chiacchiere

Enrico Carta
L'omicidio di Manuel Careddu tra pizzette e chiacchiere

Le motivazioni della sentenza contro i due giovani minorenni all'epoca del delitto: «Giada e Cosmin uccidono il coetaneo come se fosse un diversivo in una serata qualunque»

02 giugno 2020
4 MINUTI DI LETTURA





GHILARZA. A pagina 65 delle motivazioni della sentenza d’appello si legge: «Entrambi hanno avuto un normale sviluppo psicofisico e non consta che abbiano sofferto o soffrano di patologie o disfunzioni capaci di compromettere l’equilibrio mentale, anzi sono risultati dotati di una discreta intelligenza, di adeguata capacità di discernimento e di autodeterminazione». Sono gli elementi che, a inizio marzo, hanno portato alla conferma della condanna per Giada Campus e Cosmin Nita, i due diciottenni che sconteranno sedici anni per aver partecipato all’omicidio di Manuel Careddu, quando ancora erano minorenni. Così, mentre i tre maggiorenni di allora, i ghilarzesi Christian Fodde, Riccardo Carta e Matteo Satta, attendono ancora di conoscere la data dell’udienza di appello, i più giovani del gruppo, che uccise il diciottenne di Macomer sulle sponde del lago Omodeo l’11 settembre del 2018, sono già di fronte al bivio dell’ulteriore scelta ovvero se ricorrere in Cassazione o accettare per buono tutto ciò che i giudici hanno deciso nei primi due gradi del processo e chiudere così anche la pagina delle aule di giustizia.

Il ritratto dei colpevoli. Non c’è solo la ricostruzione dei fatti nelle motivazioni della sentenza della sezione minorile della Corte d’appello di Cagliari che si prende 105 pagine per motivare la conferma della condanna di primo grado. La presidentessa Giovanna Osana, i giudici consiglieri Maria Antonella Sechi e Grazia Maria Bagella e i componenti privati Gian Luigi Frau e Valeria Cadau vi affrontano anche il delicato tema di dipingere un quadro più vicino possibile alla personalità dei due ragazzi e di collocarli all’interno dell’episodio criminale. Così li descrivono: «devono ritenersi perfettamente in grado di percepire il disvalore sociale e giuridico dei fatti, peraltro di una gravità facilmente percepibile, e di indirizzare in modo consapevole il loro operato». E ancora, qualche riga più in là: «Hanno manifestato un’allarmante tendenza a porre in essere comportamenti scellerati pur di conseguire obiettivi abietti; entrambi hanno perso i valori fondamentali, il senso di rispetto per la vita e la pietà per la morte; sguarniti di empatia, sin da principio, hanno avuto assoluto distacco emotivo; vanno ad ammazzare mentre mangiano pizzette, bevono Coca Cola, fumano una sigaretta, chiacchierano, come se uccidere un coetaneo fosse un diversivo ordinario in una serata qualunque, e, progressivamente, sono apparsi sempre più immuni alla sofferenza e al dolore altrui».

La premeditazione. Le argomentazioni difensive avevano anche toccato il tema dell’immaturità dei due ragazzi, ma il divario rispetto alle tesi dell’accusa era emerso soprattutto nell’attribuzione dei ruoli all’interno di tutta la vicenda. L’accusa li ha sempre definiti protagonisti attivi di ogni fase del delitto, dalla decisione di uccidere alla scelta del luogo e dei tempi, dallo studio del tranello per convincere Manuel a salire con loro in macchina sino alle concitate fasi della doppia sepoltura del corpo col tentativo di occultarlo per sempre. Gli avvocati difensori Gianfranco Siuni e Giancarlo Frongia avevano descritto, seppure con sfumature differenti, Cosmin Nita e Giada Campus come succubi di Christian Fodde che della ragazza era il fidanzato, mentre di Cosmin era uno dei migliori amici. Intrappolati nel vigore delle sue decisioni non sarebbero stati capaci di opporsi, facendosi trascinare nel flusso degli eventi che li avrebbe portati a partecipare al delitto. L’avrebbero fatto quasi da semplici e inconsapevoli spettatori secondo la difesa, da ragazzi che passivamente subiscono azioni altrui e si muovono nella scena del crimine quasi come fossero incapaci di dissociarsi perché travolti dalla personalità più forte. Tesi che l’accusa ha sempre contrastato e che non ha fatto breccia tra i giudici che nemmeno in appello l’hanno accolta. Giada e Cosmin sono sempre presenti quando il delitto di Manuel Careddu viene pianificato. È la ragazza a parlare per prima delle minacce subite dal giovane di Macomer che esigeva il pagamento di una partita di droga che aveva venduto a lei e Christian Fodde un mese prima. Dalle primissime ore del pomeriggio dell’11 settembre 2018 anche Cosmin Nita vede i due amici e sa già che Manuel deve essere eliminato. È lui a contattare Riccardo Carta per coinvolgerlo. Alle 18 di quello stesso giorno il gruppo si completa: anche Matteo Satta partecipa alla riunione in cui viene pianificato tutto. Sanno, hanno il tempo di realizzare dove li avrebbe portati la loro scelta e vanno sino in fondo. Questo dicono i giudici.

In Primo Piano
Il dossier

Intimidazioni agli amministratori: nell’isola casi aumentati del 20 per cento

di Andrea Massidda
Le nostre iniziative