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Incassi per oltre mezzo milione, gli affari della Geco in un anno

Incassi per oltre mezzo milione, gli affari della Geco in un anno

MAGOMADAS. Rifiuto o ammendante? Questo è il dilemma che però non è di facile soluzione perché la Geco ha operato sinora senza un briciolo di certificazione che stabilisse che tipo di prodotto aveva...

18 luglio 2020
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MAGOMADAS. Rifiuto o ammendante? Questo è il dilemma che però non è di facile soluzione perché la Geco ha operato sinora senza un briciolo di certificazione che stabilisse che tipo di prodotto aveva in lavorazione nel suo impianto di Magomadas. Ciò che invece è quantificabile con poco margine di errore è il denaro, perché è proprio la moneta sonante che ha mosso sin qui tutti i fili dell’azione imprenditoriale com’è normale che sia. In questo caso i guadagni si prospettavano belli alti. Del resto lo stesso Leonardo Galleri, rappresentante legale della Geco e sinora unico indagato nell’inchiesa coordinata dal pubblico ministero Marco De Crescenzo, l’ha candidamente ammesso durante un interrogatorio, quando ha stilato il preziario. Fino all’aprile scorso l’azienda aveva ricevuto circa 6mila tonnellate di fanghi dalla Acquedotti Pugliesi in cambio di 75 euro a tonnellata. Conteggiando anche l’Iva si arriva a 450mila euro, ma dall’ordinanza della giudice Annie Cecile Pinello si evince che nel frattempo le tonnellate sono aumentate di almeno un altro migliaio, per cui la cifra incassata dalla Geco va rivista ulteriormente al rialzo. Si sfora il mezzo milione.

Il contasoldi avrebbe continuato a girare molto rapidamente se non fossero arrivati i sigilli. Considerando la cifra, si capisce anche perché l’azienda fosse alla disperata ricerca di terreni in cui riversare le enormi quantità di fanghi: servivano per liberare continuamente spazio all’interno dello stabilimento che non è certo di grandi dimensioni.

Tornando al dilemma principale ovvero quello del tipo di prodotto smaltito, la giudice, dando validità alla tesi della procura, ha stabilito che nemmeno si possa iniziare la discussione perché la Geco non ha mai avuto autorizzazioni a conferire i fanghi trattati. Questo spiega perché non c’è mai stato un controllo ufficiale da parte del ministero dell’Ambiente. Da lì proviene anche il tecnico Bruno Caio Faraglia il quale ha spiegato che nemmeno si può parlare di fase sperimentale: la sola uscita dei fanghi dallo stabilimento costituirebbe reato, perché fino al momento in cui il prodotto non è certificato continua a essere classificato come rifiuto.

Prima di correggersi, lo stesso Galleri ha tra l’altro ammesso di aver mischiato i fanghi con polveri derivanti dalla frantumazione di inerti, pratica che la Provincia aveva vietato, così come il 29 ottobre scorso aveva proibito il conferimento all’esterno dei fanghi. (e.carta / giulia serra)

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