La Nuova Sardegna

Oristano

Sequestrata per vendetta, chieste due condanne

Sequestrata per vendetta, chieste due condanne

Il pm sollecita 9 anni e 6 mesi per due amiche dell’Est che dividevano l’appartamento con una terza

25 settembre 2020
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ORISTANO. Un appartamento di Via Segni diventato una piccola succursale dell’Est Europa. Non solo, era stato il teatro della vicenda per cui rischiano una pesante condanna una cittadina russa e una sua amica ucraina. Il pubblico ministero Sara Ghiani ha chiesto infatti nove anni e sei mesi di reclusione per la 45enne russa Svetlana Evusheva e la 39enne ucraina Nataliya Kuskovska. La decisione verrà presa il 3 dicembre dal collegio del tribunale presieduto dalla giudice Carla Altieri, a latere Elisa Marras e Serena Corrias, ma nel frattempo bisogna fermarsi alla doppia e discordante ricostruzione fatta da accusa e difesa.

La prima sostiene che tutto sia provato e che debba arrivare la condanna per sequestro di persona, rapina e lesioni. Tornando al pomeriggio del 21 giugno 2016, il pubblico ministero ha confermato le sue convinzioni. Dentro la casa ci fu un regolamento di conti alquanto violento nato per un dissidio legato al pagamento di una delle stanze dell’appartamento. La presunta vittima, l’ucraina Natalia Protsenko, aveva infatti ospitato una delle due conoscenti e poi aveva chiesto il pagamento dell’affitto. Quest’ultima non aveva preso bene la richiesta e aveva chiamato l’altra amica per dare una lezione a chi aveva osato tanto. Erano volate via delle botte, persino bottigliate in testa e il tutto sarebbe durato per alcune ore. La vittima, in ginocchio, sarebbe stata costretta a rinunciare alle sue pretese e a chiedere scusa ripetendo una formula a memoria. Ogni errore costava un’ulteriore punizione corporale, mentre il telefonino veniva tenuto lontano dalla sua proprietaria che così non poteva chiedere aiuto. Nel frattempo dalla borsa furono presi anche 50 euro, parziale risarcimento del danno arrecato per aver osato sollecitare il pagamento.

Arrivate le scuse, ci fu anche la fine dell’incubo. Ma andò davvero così? Gli avvocati difensori Cristina Arcai e Silvio Sanna hanno contestato la ricostruzione, ritenendola fondata esclusivamente sulle dichiarazioni della parte offesa, la quale più volte sarebbe incappata in contraddizioni durante l’audizione in aula. Aveva raccontato che la bottiglia si era frantumata nel momento in cui era stata colpita in testa, ma vetro in terra non ce n’era. E poi il telefono: durante le ore del sequestro sui tabulati sono presenti numerose chiamate in uscita che quindi smentirebbero la tesi del sequestro di persona. (e.carta)

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