La Nuova Sardegna

Oristano

«Il Pronto Soccorso adesso non è sicuro»

di Eleonora Caddeo
«Il Pronto Soccorso adesso non è sicuro»

Dopo la chiusura di giovedì, la Assl lancia un appello ai pazienti: «Rivolgetevi prima ai medici di famiglia o alla guardia»

26 settembre 2020
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ORISTANO. Tre ore di ordinaria follia. Così potrebbe riassumersi il lasso di tempo in cui giovedì, intorno alle 20, il pronto soccorso del San Martino è stato sigillato. I locali sono stati chiusi al pubblico, insieme alla radiologia, blindata anche agli addetti ai lavori, per compiere le procedure di sanificazione delle stanze dove sino a pochi minuti prima sostava un paziente anziano. Questi, arrivato al nosocomio con il 118 e una cartella clinica compromessa da una grave patologia, solo dopo aver usufruito di visita, consulenza, radiografia al torace e altri servizi, è risultato positivo al Sars-Cov2. Da lì l’ordine della direzione sanitaria di chiudere tutto. Ma per capire cosa ci sia di ordinario e di folle in questa vicenda, risolta intorno alle 23 di giovedì con la riapertura del presidio di emergenza-urgenza, bisogna fare un balzo indietro sino a marzo scorso, quando anche il San Martino, seppur non inserito nella lista degli ospedali dedicati al coronavirus, aveva predisposto un percorso alternativo che fungesse da filtro, ancor prima dell'ingresso in pronto soccorso, per scongiurare eventuali possibili contagi all'interno del nosocomio.

Di questo percorso dedicato ad oggi è rimasta solo la grande tenda blu allestita nel parcheggio antistante il pronto soccorso. In quella struttura attrezzata per la pandemia, durante i mesi di chiusura, il personale medico e paramedico svolgeva il pre-triage, per evitare che un paziente con possibili sintomi da Covid-19 potesse entrare in pronto soccorso, ma al contempo per garantire che venisse assistito e monitorato in attesa dei risultati di test rapidi e tamponi, che allora venivano svolti in poche ore dal laboratorio del nosocomio.

Da qualche tempo, all'interno della tenda blu, non c'è più niente o quasi, certamente non si svolge il pre-triage anche perché quel percorso dedicato, per il quale era stato inviato del personale aggiuntivo in supporto, non esiste più. Il personale è stato rinviato alle proprie mansioni ordinarie e le strumentazioni, già scarse, sono rientrare dentro le stanze abituali dell'emergenza urgenza. In queste condizioni il pronto soccorso deve fronteggiare da mesi anche un’emergenza interna dovuta alla carenza di personale. Gli operatori cercano di svolgere il miglior servizio possibile, pur con la scarsità di presidi di protezione, la penuria di test rapidi e i tempi troppo lunghi per avere i risultati dei tamponi.

Questa situazione ha del paradossale. Il numero di contagi e di pazienti asintomatici sul territorio provinciale cresce senza sosta, non così il personale dei reparti in prima linea. La carenza di personale è un male diffuso in tutti i reparti del San Martino. Ciò che è accaduto giovedì sera al pronto soccorso non è molto diverso da quanto accaduto la settimana scorsa ai reparti di medicina e cardiologia, chiusi al pubblico perché, visti i tempi troppo lunghi per i tamponi e la mancanza di zone grigie separate della altre corsie, avevano iniziato a prestare cure sanitarie a pazienti poi risultati positivi.

Su quanto accaduto giovedì sera al pronto soccorso fonti della Assl di Oristano, preferiscono parlare di «sospensione di attività» e non di chiusura lanciano invece un forte appello. «È opportuno sensibilizzare la cittadinanza, in una situazione di emergenza come l’attuale, sulle regole da seguire. In questo periodo il pronto soccorso, per sua natura, non è un posto sicurissimo. Casomai fosse possibile, invitiamo gli utenti a rivolgersi in prima battuta ai medici di famiglia e alla guardia medica».

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