La Nuova Sardegna

Oristano

«Così picchiava noi e nostra madre»

di Enrico Carta
«Così picchiava noi e nostra madre»

In aula le due figlie accusano il padre delle violenze subite tra le mura domestiche: «I soprusi andati avanti per anni»

02 ottobre 2020
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ORISTANO. La picchiava e mentre la picchiava la ragazzina contava gli schiaffi. Il padre era arrivato sino a tredici prima di fermarsi. È solo uno degli episodi di violenza durati forse otto anni per cui è imputato il genitore di 49 anni. Il pubblico ministero Valerio Bagattini lo accusa di maltrattamenti in famiglia nei confronti delle due sorelle e della loro madre, ma verso quest’ultima ci sarebbero stati anche degli abusi sessuali perché la donna veniva costretta ad avere rapporti con il marito. Proprio lei era stata la prima a deporre al processo iniziato la scorsa settimana, ma il momento più drammatico lo si è toccato forse ieri, quando in aula, una dopo l’altra, le due sorelle hanno portato il collegio presieduto dalla giudice Carla Altieri, a latere Elisa Marras e Serena Corrias, dentro le case in cui la famiglia aveva abitato.

Tra Oristano, Silì e Torregrande si sarebbero consumate le violenze. L’imputato scuoteva la testa mentre ascoltava la deposizione delle figlie, ma le due sorelle sono andate avanti nei loro racconti finiti, nel caso della più piccola, tra le lacrime. Oggi sono entrambe più che ventenni, ma stavano entrando nel meraviglioso mondo dell’adolescenza quando si ritrovarono catapultate in una realtà che di gioventù e spensieratezza non aveva il sapore. Gli unici sapori che avrebbero conosciuto sarebbero stati quelli sgraditi delle botte. Quelle subite sul proprio corpo e quelle viste infliggere alle altre.

L’esasperazione aveva toccato limiti talmente alti che la maggiore, durante la testimonianza, ha detto che il padre si comportava meglio quando aveva assunto cocaina perché altrimenti era intrattabile. Ma quella dichiarazione è stata preceduta da una ricostruzione di tanti altri episodi a cominciare dalle minacce di morte: «C’era una balestra in casa ed era rimasta una sola freccia. Disse che non avrebbe sbagliato la mira pur di uccidermi. Non siamo mai andati d’accordo, mi diceva che ero la rovina del rapporto tra lui e mia madre». Infatti già in un tema di prima media qualcosa salta fuori. La ragazzina descrive situazioni che lasciano perplessa l’insegnante e da lì iniziano i controlli dei servizi sociali sino ad arrivare, quattro anni più tardi, al momento in cui sembra che la patria potestà possa essere tolta.

Invece no. Si andrà avanti per altri quattro anni tra denunce fatte e querele rimesse perché le pressioni, quando non le minacce, erano troppe. Ne ha parlato anche la più piccola delle due sorelle che ha poi ripercorso alcuni degli episodi di cui fu direttamente protagonista o spettatrice: «Una volta aveva rotto il setto nasale a mia madre e capitò poi che mi diede un calcio nel collo dopo che io mi ero rannicchiata per proteggermi dalle botte». E non credette che l’occhio nero della madre, visto in una foto, fosse stato causato dall’aver sbattuto contro una porta.

Col passare degli anni gli episodi si sarebbero moltiplicati sino a coinvolgere altre persone – emblematica fu la lite col fidanzato della maggiore delle due ragazze, quando quest’ultima svenne per il terrore di fronte a quel che stava accadendo –. «Mi mettevo in mezzo – racconta la più giovane –, cercavo di intervenire per far finire le liti perché io a mio padre volevo molto bene. Lui non tollerava che mia madre prendesse le nostre difese quando litigavamo, pretendeva che stesse dalla sua parte. Chiedevo a lei di perdonarlo e di dargli un’altra possibilità, anche quando la offendeva e la minacciava dicendo che l’avrebbe sfregiata con l’acido. Ricordo che mia sorella si faceva la pipì addosso quando la picchiava». Poi arrivò il momento di rompere i rapporti e fu quasi una fuga da casa. «Quando tornai – ha detto – trovai i vestiti tagliati con le forbici perché gli ero andata contro. Mi aveva detto che gli avevo mancato di fiducia e di lealtà». È comunque presto per tirare le somme di un processo che deve conoscere altre udienze e nuove testimonianze. L’avvocatessa difensore Alessandra Boi, con le sue domande, ha mirato a far emergere i problemi legati al mancato rispetto della figura paterna, ai dissidi continui e al comportamento delle figlie che intanto sono parti civili al processo assistite dall’avvocato Francesco Pilloni. Il 19 novembre si torna in aula per nuove deposizioni.

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