La Nuova Sardegna

Oristano

Il riso oristanese è tutto qualità

Il riso oristanese è tutto qualità

In questi anni produttori ridotti di un quarto, ma crescono le aree coltivate e la resa per ettaro

09 ottobre 2020
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ORISTANO. È l’Oristanese il territorio dove si concentra la quasi totalità della risicoltura sarda. Su una estensione regionale di 3.500 ettari, ben 3mila sono tutti nei terreni della provincia. Se poi si considera che l’Italia è la maggior produttrice europea, con la Sardegna che risulta essere tra le prime cinque regioni produttrici, ci si rende subito conto di quanto importante sia questa coltura che, sebbene di nicchia, da lavoro ad almeno 300 persone, divisi fra produttori, dipendenti stagionali e indotto.

È quindi una realtà molto vivace, anche se i risicoltori puri, si sono ridotti dai cento di pochi anni fa agli attuali settanta. Serafino Mura, responsabile del Mercato Campagna Amica spiega che «negli anni la coltivazione del riso nell’Oristanese si è evoluta. Si punta alle qualità superiori sia da mensa che da semina. Tutto questo nonostante il crollo dei prezzi, legato alla concorrenza con il riso importato dal Sud Est asiatico».

Tra le numerose le varietà coltivate grazie a un microclima favorevole, terreni fertili e particolarmente vocati e disponibilità di acqua, spiccano carnaroli e arborio, entrambe varietà eccellenti per la gastronomia, ma anche risi lunghi per seme, tondi da minestra e aromatici.

Negli anni si è passati dal produrre quasi esclusiva di riso da semente alla produzione per il consumo alimentare “da pila” che oggi copre la metà, la metà della produzione provinciale.

Per la risicoltura questo è periodo di consuntivi. Nonostante le ultime abbondanti piogge dei giorni scorsi abbiano rallentato i lavori, la trebbiatura è in pieno svolgimento.

Francesco Pes, risicoltore di Simaxis è il presidente della Cooperativa risicoltori sardi che aggrega produttori di Oristano, Simaxis e Santa Giusta. Dice: «Il riso oristanese è noto per l’eccellente qualità sia per il seme che per la gastronomia. Il nostro riso si distingue, su alcune varietà, per le rese produttive e, soprattutto, per le eccellenti caratteristiche durante la lavorazione. L’insularità però ci penalizza doppiamente: ci costa di più produrre e il costo delle nostre merci è appesantito dai trasporti, altrimenti la nostra competitività sarebbe stata assai maggiore».

Nonostante tutto, coltivare riso da queste parti è ancora conveniente.

«La redditività del settore viene preservata dalla quantità e soprattutto dalla qualità delle produzioni – spiega Gianni Ferrari, risicoltore di Cabras. Si va da produzioni di 55 quintali a ettaro come per il riso venere a medie di 62 quintali per altre varietà, con punte, in alcuni casi, anche di 100 quintali». Alcune varietà di riso in questi anni hanno aumentato il prezzo di vendita ma, molte produzioni hanno risentito del riso low cost importato in particolare dai paesi asiatici.

«Il prezzo medio al produttore oggi si attesta tra i 30 e 45 euro a ettaro, sulla base delle diverse contrattazioni e dei mercati di riferimento – prosegue Ferrari – le nostre qualità iniziano però a fare la differenza. Gli investimenti per la loro valorizzazione ottengono risultati. Sono numerose le aziende che confezionano ed esportano in vari stati europei ed extraeuropei».

La risicoltura oristanese però che guarda anche al futuro. «Su iniziativa della Coldiretti abbiamo avviato dei progetti innovativi sull’agricoltura di precisione – conclude Gianni Ferrari – per diminuire la quantità di acqua utilizzata e razionalizzare gli interventi complessivi nelle risaie, con rilevanti risparmi e un deciso incremento della qualità».

Michela Cuccu

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