La Nuova Sardegna

Oristano

Oristano, il reparto Covid svanito nel caos

di Enrico Carta
Oristano, il reparto Covid svanito nel caos

L’area individuata in primavera è stata smantellata e ora ospita la Chirurgia. Assl alla ricerca di spazi

20 ottobre 2020
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ORISTANO. L’assessore ordina, l’Assl dispone, la realtà impone. E il problema è che impone ben altro rispetto alle indicazioni scritte di chi dirige la sanità da lontano. La scialuppa oristanese, in mezzo alle onde, viene sballottata ancora una volta rischiando di finire sott’acqua in un giorno di ordinaria confusione che si conclude tra l’incredulità e le proteste dei medici. Sembrava un lunedì di relativa calma, visto il momento. Invece sulla sanità oristanese si è abbattuta l’ennesima bufera e non tanto o non solo per l’incremento dei contagi, ma per via degli ordini impartiti dall’alto che però non tengono conto di una realtà ben diversa e di numeri coi quali è impossibile far quadrare i conti.

L’ordine della Regione. Anche stavolta la coperta è corta, ma non per la carenza di medici. Tutto inizia a metà mattina, quando dall’assessorato regionale alla Sanità arrivano le disposizioni per allestire quel famoso reparto covid, la cui nascita l’assessore Mario Nieddu aveva annunciato come imminente nella conferenza stampa di venerdì a Ghilarza, dov’era andato a spiegare i perché della manovra che riaprirà il punto di primo intervento del Delogu ricorrendo a una ditta esterna anziché alla sanità pubblica. L’ordine viene recepito dall’Assl di Oristano che immediatamente prepara il suo provvedimento ed è a questo punto che inizia l’impossibile costruzione del palazzo in assenza di mattoni.

Il reparto che non c’è più. L’area covid al San Martino di Oristano era stata prevista nei primi mesi dell’emergenza. Doveva entrare in funzione qualora i posti letto negli altri reparti covid dell’isola avessero raggiunto la capacità massima – cosa che fortunatamente non è mai avvenuta –. Passata l’emergenza a maggio, l’Assl di Oristano ha provveduto a smantellare del tutto il reparto covid: in quelle sale al primo piano era stata quindi trasferita la Chirurgia che tutt’ora le occupa. E allora ordinare il ripristino della zona covid non basta più. La commissaria dell’Assl, Valentina Marras, dispone il trasferimento della Chirurgia nuovamente al sesto piano, là dove era sino a qualche mese fa. Semplice? Tutt’altro che semplice e anche molto costoso.

Il gioco degli incastri. La chirurgia quindi deve fare ritorno alla vecchia casa. Il problema è che vi troverà dentro nuovi inquilini e non vi troverà più i mobili che aveva lasciato qualche mese fa durante il precedente trasloco di agosto. Quell’ala dell’ospedale San Martino è infatti oggi occupata dagli spogliatoi del personale e anche l’arredo è completamente diverso. Si potrebbe recuperare quello vecchio, non fosse che nel frattempo i mobili si siano persi in qualche deposito o siano addirittura stati gettati. Mandati in pensione per anzianità di servizio. Ma non è solo per due pezzi di legno che si rischia di fermarsi, perché l’ordine prevede anche una rimodulazione dell’organico. Ed eccoli gli altri problemi contro cui il gioco degli incastri rischia di non arrivare a conclusione o comunque di lasciare scoperta una parte del sistema sanitario provinciale.

E i medici dove sono? Le disposizioni prevedono anche di inserire nel frullatore i medici che vengono chiamati a coprire i vuoti in organico ben sapendo che sono già al di sotto della soglia minima per garantire le prestazioni e senza tenere conto delle varie specializzazioni. Come se in un puzzle si potessero mettere le tessere a piacimento, anche laddove i bordi non combaciano con quelle vicine. Il provvedimento sancisce infatti che i medici per il nascente reparto covid debbano arrivare da quello di Medicina. C’è solo un problema – un altro – ovvero che il personale fa già i salti mortali per garantire i turni normali per cui la sottrazione di alcuni medici significherebbe mandare al collasso l’intera Medicina del San Martino. Ma l’Assl non gestisce solo l’ospedale di Oristano. In provincia ci sono anche quelli di Bosa e Ghilarza e allora ecco la soluzione: dodici dei 58 pazienti di Oristano vanno redistribuiti tra questi due ospedali. Rompicapo finito? Parrebbe di no perché l’ospedale di Ghilarza è proprio quello mezzo aperto e mezzo chiuso per mancanza di medici e infatti in Medicina i dottori in organico sono appena quattro. Non bastano, è ovvio, e allora si è deciso di utilizzare i chirurghi per colmare la lacuna. E le specializzazioni maturate dopo anni di studio e di esperienza sul campo? Sarà per un’altra volta.

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