La Nuova Sardegna

Oristano

Pronto soccorso nel caos nel silenzio della Assl

di Michela Cuccu
Pronto soccorso nel caos nel silenzio della Assl

Non si sa dove, se, e quando verranno trasferiti i pazienti positivi al covid Le urgenze in tutta la provincia dirottate su Nuoro e San Gavino

23 ottobre 2020
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ORISTANO. Resta ancora chiuso, il pronto soccorso del San Martino. «Di fatto si è trasformato in un reparto covid, anche se qui, secondo la pianificazione regionale, non era previsto che ne sorgesse uno»: ieri mattina, Giampiero Sulis, rappresentante aziendale del sindacato Cimo, commentava così, la situazione da autentico collasso, con pazienti in autombulanza che vengono immediatamente dirottati altrove. «Ormai non ci sono più posti, con otto pazienti già ospitati nell’area di Osservazione Breve Intensiva e le sale dei codici bianchi e verdi occupate. In tutto sono dodici pazienti Covid costretti alla degenza in barella: al Pronto soccorso non ci sono letti, inoltre, il personale medico ed infermieristico è preparato per le emergenze ma non per il covid: quanto basta per capire quanto drammatica sia diventata la situazione», dice il medico che già qualche giorno fa, in un lungo documento di denuncia sulla grave crisi delole strutture ospedaliere della provincia, aveva definito «schizofreniche», le ultime disposizioni della direzione Assl di Oristano e dell’Ats, sulla gestione dell’emergenza coronavirus. «Il san Martino non è stato inserito nel piano regionale per gli ospedali covid e nel reparto che mesi fa era stato allestito con 12 posti letto per l’area “ grigia” pre-Covid, ora è stata trasferita la Chirurgia», dice ancora. «Rendiamoci conto – avverte – ancora oggi non abbiamo neppure l’organico per il reparto pre-Covid: secondo la direzione dell’Assl la degenza dei pazienti sarà a carico dei dirigenti medici di Pneumologia e Medicina, già gravati da un carico di lavoro enorme». Non si sa quando il Pronto soccorso del nosocomio cittadino riprenderà a funzionare regolarmente e nemmeno quando non sarà più necessario inviare le urgenze in altri ospedali, come San Gavino, distante decine di chilometri dal capoluogo, con tutti i rischi facilmente immaginabili, soprattutto per i casi più gravi. La sensazione è che potrebbero passarci ancora giorni, a patto di trovare dove trasferire i pazienti Covid che attualmente occupano tutte le sale del Pronto soccorso. Si ipotizza che forse verranno ricoverati in Medicina, trasferendo gli attuali degenti del reparto del negli ospedali a Bosa e Ghilarza. Solo dopo aver trovato una sistemazione per questi pazienti, si potrà procedere alle operazioni di decontaminazione e riattivare il reparto. Si profilano, dunque, ancora giorni molto difficili. «Basterebbe l’arrivo di un altro nuovo paziente positivo al Covid per mettere in crisi definitivamente tutto il sistema», avverte Sulis. Nel frattempo c’è l’ipotesi di ricoverare i pazienti Covid all’ospedale di Ghilarza «dove al massimo, ci si può portare chi è in fase di dimissione o comunque in non gravi, dato che al Delogu non c’è la Rianimazione», avverte Sulis.

«L’aspetto più allarmante è che mentre siamo in emergenza, ci troviamo ancora nella fase delle ipotesi - dice il rappresentante del Cimo – le scelte andavano fatte a settembre, non adesso. In tutti questi mesi chi, in Regione e Assl, aveva il dovere di programmare e organizzare la sanità pubblica in vista di una nuova impennata dei casi, ha perso tempo: fatto gravissimo durante una pandemia». Secondo il segretario del Cimo «senza posti letto e organici adeguati ci stiamo trovando nelle condizioni vissute la scorsa primavera negli ospedali della Lombardia. Non dovevamo arrivare a questo».

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