La Nuova Sardegna

Oristano

Oristano, boom di contagi dentro il San Martino

di Enrico Carta
Oristano, boom di contagi dentro il San Martino

Dopo Medicina, casi di covid anche tra il personale del Pronto Soccorso. Un rincorrersi di direttive non porta alla soluzione

14 dicembre 2020
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ORISTANO. Vince il caos o anagrammando la parola vince il caso. Davanti a un susseguirsi di provvedimenti tampone che rimandano alla storia della coperta corta, l’ospedale San Martino continua a perdere pezzi ovvero servizi. Gli scricchiolii ormai non si contano e neanche la domenica offre una tregua. Del resto la sanità non va in vacanza e i problemi dell’ospedale del capoluogo non sanno che quello di ieri era un giorno festivo.

I focolai. Reparto che vai, focolaio che trovi. Ormai l’eccezione non è più quella di scoprire un contagio all’interno dell’ospedale, perché questa sembra essere diventata la regola. Il caso di Medicina è il più eclatante, ma dietro ci sono quelli altrettanto preoccupanti di Ortopedia, Terapia Intensiva, Nefrologia e Radiologia. E poi ovviamente c’è il Pronto Soccorso, chiuso per 42 giorni tra ottobre e novembre, riaperto per una settimana o giù di lì a inizio mese e di nuovo franato di fronte al continuo ingresso di pazienti covid che, evidentemente, l’Ats, l’Assl e la direzione sanitaria – a proposito il responsabile Sergio Pili è ancora al suo posto nonostante le indiscrezioni dei giorni scorsi su un suo benservito imminente – non riescono a gestire senza il dilemma dell’apre-non apre.

Pronto Soccorso. Ieri mattina, due componenti del personale sanitario non medico, sono risultati positivi. In teoria questo fatto sposterebbe di poco il problema. Del resto all’interno del pronto soccorso, da circa una settimana, sono ospitati solo pazienti positivi come a ottobre. Il problema è che ora i due casi tra il personale sanitario rischiano di far saltare un già precario equilibrio per quanto riguarda i turni, visto che l’organico è già ridotto all’osso e anzi si è iniziato a rosicchiare anche parte dell’osso per garantire comunque l’apertura almeno ai pazienti covid. A proposito di questi ultimi, il reparto che li doveva ospitare è svanito nel nulla o, meglio, è stato sostituito da quello di Medicina. In ogni caso, in mezzo al caos di questi giorni, ieri è stato anche comunicato al 118 di non portare al Pronto soccorso del San Martino neanche i casi sospetti. Dove andranno non si sa. E comunque chi arriva all’ospedale con le proprie gambe o su suggerimento dell’Usca e non in ambulanza troverà le porte aperte.

Medicina. L’altro grande dilemma è quello del reparto di Medicina, nei fatti un reparto covid da quando è stato scoperto il focolaio di contagi che hanno colpito il personale e soprattutto i pazienti. Oggi conta una trentina di positivi: sono i sedici interni, i dieci trasferiti dal reparto covid e qualche paziente precedentemente ospitato al pronto soccorso. Per tutti i pazienti con altre patologie non c’è spazio da diversi giorni a Oristano e i tempi per una riapertura di Medicina non paiono immediati.

La protesta. Di fronte a un quadro del genere, ai sindacati non resta che protestare. Lo fanno un po’ a turno, alternandosi con l’Ordine dei medici. Ieri sera il testimone è stato raccolto da Luigi Curreli, segretario dell’Anaao Assomed: «In tutto questo periodo i nostri suggerimenti sono puntualmente caduti nel vuoto. Abbiamo sottolineato l’esigenza di conoscere i dettagli di percorsi e strategie da estendere in modo omogeneo e coordinato ai diversi reparti; la necessità di adottare un piano che preveda lo smistamento dei pazienti per intensità di cure nell’ambito di tutto il territorio regionale; l’opportunità di predisporre con tutte le necessarie misure di sicurezza le strutture destinate alla assistenza di pazienti covid». Risposte? Nulla. Eppure «Leggiamo sui giornali toni trionfalisti su obiettivi realizzati. A Oristano non ci siamo accorti ancora di niente. La sanità oristanese, salvo inadeguati sporadici puntelli, non sta ricevendo adeguata attenzione». O si corre ai ripari «o faremo valere le nostre ragioni in tutte le sedi».

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