La Nuova Sardegna

Oristano

«Smaltimento rifiuti, mandare via i privati è stato un affare»

di Enrico Carta
«Smaltimento rifiuti, mandare via i privati è stato un affare»

L’indagine sulla gestione dell’impianto di Masangionis Il perito smentisce l’esposto: il Consorzio ha risparmiato

11 febbraio 2021
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ORISTANO. Nessun danno economico, nessun aggravio per i bilanci del Consorzio Industriale. Anzi, secondo il perito nominato dal giudice per le indagini preliminari Silvia Palmas, l’aver accompagnato alla porta la società Vittadello e aver scelto di gestire in proprio l’impianto di smaltimento dei rifiuti di Masangionis fu un affare. L’esito dell’incidente probatorio legato all’inchiesta che vede imputato i vertici, alcuni tecnici e i componenti del consiglio di amministrazione Consorzio Industriale, in carica nel momento in cui avvenne il passaggio di consegne, sembra aver orientato l’inchiesta in una direzione ben precisa.

La relazione dell’ingegnera Elisabetta Muntoni potrebbe infatti aver levato ogni dubbio sulla liceità dell’operazione messa in campo nel 2015. Ad avallare la transazione che costò al Consorzio 14 milioni e mezzo furono Salvatore Daga e Marcello Siddu, rispettivamente responsabile unico del procedimento e direttore del Consorzio Industriale, l’ex presidente Claudio Atzori, il suo vice Marcello Caria, componente del consiglio di amministrazione in qualità di rappresentante del Comune di Santa Giusta, Giuseppe Giarrusso e l’ex sindaco di Oristano Guido Tendas, a loro volta componenti del Cda.

A far partire l’inchiesta fu un esposto finito sul tavolo della procura della Repubblica e inviato anche alla Guardia di Finanza. Il caso fu preso in carico dal pubblico ministero Andrea Chelo che contestò l’abuso d’ufficio a tutti gli indagati. Secondo l’esposto, i 14 milioni e mezzo pagati dal Consorzio alla Vittadello sarebbero stati nettamente superiori al valore di mercato per una tale operazione. Il Consorzio se la sarebbe potuta cavare spendendo molti meno denari – si ipotizzava circa la metà – per revocare la gestione dell’impianto alla ditta.

Di fronte a tale ipotesi, la procura valutò che servisse un esperto per sbrogliare l’intricata matassa e far quadrare i conti, così fu richiesto l’incidente probatorio che portò alla nomina del perito da parte del giudice. Qualche mese dopo l’affidamento dell’incarico, la relazione e con essa i dati sono nelle mani delle controparti – la Vittadello assistita dall’avvocato Guido Manca Bitti, il Consorzio Industriale e tutti gli indagati assistiti dagli avvocati Franco Luigi Satta, Gabriele Satta, Giuseppe Corronca, Carlo Figus, Christian Stara e Marcello Sequi – e adesso sulla base di questi la procura dovrà tirare le somme, decidendo se proseguire con l’azione penale qualora ritenesse vi siano comunque evidenze di reati oppure chiedere l’archiviazione.

Rispondendo ad alcuni quesiti posti in aula, l’ingegnera Muntoni ha ribadito quanto già scritto ovvero che la revoca sarebbe dovuta costare una cifra tra i 19 e i 20 milioni, quindi molto al di sotto di quei 14 milioni e mezzo pagati alla Vittadello. C’è una sproporzione evidente rispetto alla tabella dell’esposto su cui poi era stata avviata l’inchiesta. Per il Consorzio, insomma, quella transazione economica sarebbe stato un affare. Inoltre gli utili che sino al 2015 finivano direttamente nelle casse dell’azienda privata, oggi vanno a ingrossare i bilanci dell’ente che con quei soldi è stato in grado di fare investimenti nell’area industriale, di abbattere i costi per le aziende che hanno lì i loro insediamenti e persino di far crescere il sito di raccolta, smaltimento e riciclo dei rifiuti.

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