La Nuova Sardegna

Oristano

Uccise il rivale, condannato a 24 anni

di Michela Cuccu
Uccise il rivale, condannato a 24 anni

Francesco Fenu considerato colpevole di omicidio premeditato per gli apprezzamenti fatti dalla vittima sulla fidanzata

05 ottobre 2021
3 MINUTI DI LETTURA





GENONI. Francesco Fenu aveva 22 anni quando uccise Roberto Vinci: ne dovrà trascorrere 24 in carcere e altri tre in libertà vigilata. Per i giudici della Corte d’Assise del tribunale di Cagliari e per la giuria popolare, fu omicidio premeditato. Nessuna attenuante è stata riconosciuta al giovane che, dopo un anno trascorso in carcere, aveva confessato il delitto. La corte (presidente Giovanni Massidda, a latere Stefania Selis) è andata addirittura oltre le richieste del pubblico ministero Nicoletta Mari, che aveva sollecitato 24 anni di reclusione con il riconoscimento delle attenuanti generiche.

La sentenza, pronunciata poco dopo le 15.30, condanna il giovane anche al pagamento di una provvisionale di 40mila euro alla sorella della vittima, Laura Vinci, e di 20mila al fratello Luca. Non ha convinto, insomma, la tesi della difesa che ieri attraverso l’avvocato Luigi Porcella, come già aveva fatto nell’udienza di mercoledì scorso il collega Francesco Marongiu, parlando per oltre tre ore, aveva escluso la premeditazione, sostenendo che ad armare Francesco Fenu, non sarebbero state due persone – mai indagate – che il giorno prima avevano litigato con la vittima, come lo stesso Vinci avrebbe detto in punto di morte al maresciallo dei carabinieri che si occupava delle indagini.

Furono invece rabbia e paura, che Roberto Vinci, che aveva 48 anni e un trascorso complicato, facesse del male alla fidanzatina, sulla quale aveva fatto apprezzamenti pesanti, a spingere il giovane a prendere il fucile che teneva nascosto e usava per andare a caccia di frodo. Il comportamento tenuto successivamente, secondo l’avvocato Porcella, confermerebbe che non ci sarebbe stata premeditazione. Fenu avrebbe caricato l’arma con soli due proiettili e, dopo aver sparato, aveva fatto rientro a casa. Non si era cambiato, non si era lavato, tanto che dalla prova dello stub cui sarà sottoposto poche ore dopo, dato che la vittima dirà ai carabinieri di averlo riconosciuto anche se aveva il volto coperto, risulteranno tracce di polvere da sparo.

L’avvocato Porcella, ricostruendo le fasi dell’agguato della sera del 19 agosto di due anni fa a Roberto Vinci, che in bicicletta rientrava in paese dopo una giornata di lavoro in campagna, ha incastonato l’intera vicenda in un contesto sociale particolarmente difficile, con un rapporto improbabile tra un uomo di 48 anni e un ragazzo di appena 22. Un ragazzo «cresciuto senza una famiglia, tanto che l’unico riferimento erano la fidanzatina e i suoi familiari e lasciato completamente solo», riferisce l’avvocato che definisce «umiliante», il comportamento del padre del giovane che, chiamato a testimoniare, si avvarrà della facoltà di non rispondere, «negando così al figlio l’unico gesto di solidarietà».

Parlando della vittima, l’avvocato ha descritto «un uomo non cattivo, ma malato» con gravi problemi psichici accentuati dall’alcolismo dal quale non sarebbe mai uscito, che lo portavano a ubriacarsi spesso e, in quelle occasioni, diventava irascibile e litigioso. Episodi che la vittima riporterà sulle sue agende, appunto quei diari dove il nome di Francesco Fenu non verrà mai associato a quello dei due ipotetici mandanti del suo omicidio. Un uomo che incuteva timore, secondo il legale, e con un vissuto tortuoso, non solo per esser stato in carcere, condannato per una rapina finita tragicamente e sospettato di due delitti avvenuti a Genoni. Motivazioni che i giudici non hanno considerato, condannando Francesco Fenu per omicidio premeditato.

In Primo Piano
L’intervista

Giuseppe Mascia: «Cultura e dialogo con la città, riscriviamo il ruolo di Sassari»

di Giovanni Bua
Le nostre iniziative