La Nuova Sardegna

Oristano

«Le scritte antiebraiche non vanno sottovalutate»

«Le scritte antiebraiche non vanno sottovalutate»

Continua il dibattito a Ghilarza dopo la comparsa di frasi ingiuriose sulla strada Per Michele Licheri, operatore sportivo, le istituzioni locali devono esprimersi

07 dicembre 2021
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GHILARZA. «Attribuire un'accezione negativa al termine Ebreo è una forma di discriminazione e di razzismo che chi rappresenta le istituzioni deve censurare con una presa di posizione netta ed esplicita». L’appello lanciato da Michele Licheri agli amministratori comunali di Ghilarza, Abbasanta e Norbello apre uno squarcio nel dibattito pubblico scatenato dalle scritte antisemite comparse nei giorni scorsi lungo la strada di Chenale. Per quei fatti sono finite sotto accusa le leve dei diciottenni di Ghilarza e Abbasanta, che hanno però negato qualunque responsabilità in merito alle espressioni più grevi, mentre i ragazzi di Norbello si sono sfilati dichiarando la totale estraneità alla vicenda. Per Michele Licheri, operatore culturale e istruttore sportivo di Norbello, attivamente impegnato nella vita sociale dei tre paesi contigui, ignorare certi segnali sarebbe controproducente. «Gli amministratori che hanno letto la scritta oltraggiosa e antisemita “Ghilarzesi Ebrei di merda” se lo sono posto qualche perché? Si tace per quieto vivere, per ipocrisia, per tale e tanta banalità quotidiana di cui non riusciamo a liberarci? Il termine ebreo è un sostantivo; non un insulto, non un aggettivo dispregiativo. È il nome di un popolo che anche in Sardegna è presente e che ha contribuito non poco, attraverso le proprie arti e i propri mestieri, allo sviluppo sociale ed economico dell'isola. La Sardegna tutta è anche ebrea. I giovani autori di quelle frasi sanno che un buon quaranta per cento degli abitanti di Ghilarza, Norbello e Abbasanta ha ascendenze ebraiche legate all'influenza dei Fenici e alle migrazioni successive? Potrei fare un elenco dei cognomi che provano tali radici: Saba, Atzeni, Cogotzi, Mura, Oppo, Zara, Putzolu, Dedola, Cau, Fadda e così via. Chi banalizza il male e non ne ha coscienza è destinato a un futuro infelice. Tra gli “scrivani di asfalto” ci saranno pure degli studenti, ma, nonostante la possibile istruzione dimostrano un’estrema ed infinita ignoranza. A questo proposito mi chiedo cosa faccia la scuola, l'agenzia educativa più importante dopo la famiglia», sottolinea Licheri. Questi invoca una presa di coscienza collettiva sull'urgenza di tracciare una linea di demarcazione netta tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, tra una trasgressione innocua e un'offesa dal sapore razzista. «Anche se i carabinieri affermano l'inesistenza di un antisemitismo strutturato operante in loco, la scritta antiebraica resta», sentenzia Licheri concludendo con un monito. «Ben venga l'autocritica da parte di alcuni giovinastri che a cose fatte pare innestino il cervello; ben vengano le messe comunitarie che tendono a salvaguardare i valori unificanti e non divisori delle comunità; d'accordo alle precisazioni dell'amministratore che difende la propria comunità giovanile; ma signore e signori: costa così tanto censurare pubblicamente l'espressione antisemita?».

Maria Antonietta Cossu

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