Lo chef Salvatore Camedda: il gusto e la bontà in una stella
di Enrico Carta
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Lo chef Salvatore Camedda (secondo da destra) festeggia con lo staff del ristorante SomuDa Cabras sino al ristorante Somu di Baja Sardinia: la strada verso il riconoscimento prestigioso della Michelin
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CABRAS. A volte succede che, a furia di rincorrere un sogno, ci si ritrovi a viverlo per davvero. Quello di Salvatore Camedda brilla come la Stella Michelin, conquistata qualche settimana fa. Per chi lavora nel mondo della ristorazione, è come una medaglia alle Olimpiadi che lo chef cabrarese, che da due anni guida il ristorante Somu di Baia Sardinia, può appuntare al proprio petto. Non è il primo premio della bacheca – erano già arrivate le due Forchette del Gambero Rosso e il Golosario – e non è una stella piovuta per caso dal cielo: «È il frutto di anni di lavoro personale e di lavoro di equipe. Nel 2020 abbiamo gettato le basi per arrivare al risultato, nel 2021 abbiamo raccolto i frutti seminati da una squadra ben amalgamata, proprio come i piatti che creiamo. Ammetto che siamo stati molto fortunati, perché la scorsa è stata un’annata in cui è stato difficilissimo trovare personale di livello. Noi non abbiamo avuto questo tipo di problema».
Raggiunto il traguardo assieme allo chef nuorese Antonio Gallarato e al maître Giacomo Serreli, «a cui assieme al resto delle persone che hanno lavorato con noi a Somu non posso che essere grato», inizia paradossalmente la parte più difficile. «L’altra faccia della medaglia è che un riconoscimento come questo dà una visibilità enorme nel nostro settore – spiega Salvatore Camedda –. La visibilità ce l’hai in tutto il mondo e questo richiede una conferma a livelli di eccellenza, perché arrivano clienti con aspettative altissime. Ovviamente la gioia per aver ricevuto il premio è impagabile e fa crescere ancora di più la voglia di vivere il lavoro come se ogni giorno fosse un inizio».
Se il domani è quindi già presente, anche il passato non smette di andar via dai pensieri e per passato si intendono i giorni e le ore dell’attesa prima di salire sul palco. «La cerimonia si è svolta al Relais Franciacorta, in provincia di Brescia – racconta Salvatore Camedda – ma quella è solo l’ultima tappa. Avevamo intuito di essere stati visionati, poi abbiamo avuto la comunicazione una settimana prima della premiazione. In realtà siamo stati invitati alla cerimonia di presentazione, non a ritirare il riconoscimento, ma a quel punto abbiamo capito che era fatta».
Quel che poi avviene lì somiglia quasi a un rito esoterico. «La località è quasi blindata e i telefonini vengono oscurati – spiega lo chef – perché nessuno deve essere in grado di comunicare con l’esterno. Sono arrivato alle 12 e ho atteso sino alle 17.30 prima di essere annunciato alla sala. In tutte quelle ore non sono riuscito a mandare giù un solo boccone, poi mi hanno consegnato la giacca per salire sul palco e a quel punto, nei pensieri, ho fatto scorrere cinque anni di percorso per arrivare alla stella. Purtroppo, il momento peggiore l’ho vissuto nel periodo a Oristano. Mi sono interrogato su dove avessi sbagliato, ma probabilmente la scommessa era perdente in partenza».
Eppure, non sente la stella come una rivincita, nonostante il suo sia un primato invidiabile perché è il primo chef della provincia a conquistarla: «Mi avrebbe fatto immenso piacere vincerla con un ristorante oristanese, ma il nostro non è un settore facile. Ci sono tante combinazioni che si intrecciano tra loro come il bacino di utenza, la concorrenza di altre importanti realtà, le opzioni che il territorio offre e poi bisogna anche che il pubblico sia pronto a un tipo di menù come il nostro. Non è una rivalsa, abbiamo fatto un tentativo e non è andato a buon fine».
Pazienza, ci si consola con la stella e, per chi si trovasse a passare a Somu a Baia Sardinia, «con un piatto speciale: tuorlo d’uovo cotto in olio di vinaccioli, marinato con insalata di farro. Gli ingredienti sono quelli di un piatto comune, ma, fidatevi, lo faremo sembrare unico».
Raggiunto il traguardo assieme allo chef nuorese Antonio Gallarato e al maître Giacomo Serreli, «a cui assieme al resto delle persone che hanno lavorato con noi a Somu non posso che essere grato», inizia paradossalmente la parte più difficile. «L’altra faccia della medaglia è che un riconoscimento come questo dà una visibilità enorme nel nostro settore – spiega Salvatore Camedda –. La visibilità ce l’hai in tutto il mondo e questo richiede una conferma a livelli di eccellenza, perché arrivano clienti con aspettative altissime. Ovviamente la gioia per aver ricevuto il premio è impagabile e fa crescere ancora di più la voglia di vivere il lavoro come se ogni giorno fosse un inizio».
Se il domani è quindi già presente, anche il passato non smette di andar via dai pensieri e per passato si intendono i giorni e le ore dell’attesa prima di salire sul palco. «La cerimonia si è svolta al Relais Franciacorta, in provincia di Brescia – racconta Salvatore Camedda – ma quella è solo l’ultima tappa. Avevamo intuito di essere stati visionati, poi abbiamo avuto la comunicazione una settimana prima della premiazione. In realtà siamo stati invitati alla cerimonia di presentazione, non a ritirare il riconoscimento, ma a quel punto abbiamo capito che era fatta».
Quel che poi avviene lì somiglia quasi a un rito esoterico. «La località è quasi blindata e i telefonini vengono oscurati – spiega lo chef – perché nessuno deve essere in grado di comunicare con l’esterno. Sono arrivato alle 12 e ho atteso sino alle 17.30 prima di essere annunciato alla sala. In tutte quelle ore non sono riuscito a mandare giù un solo boccone, poi mi hanno consegnato la giacca per salire sul palco e a quel punto, nei pensieri, ho fatto scorrere cinque anni di percorso per arrivare alla stella. Purtroppo, il momento peggiore l’ho vissuto nel periodo a Oristano. Mi sono interrogato su dove avessi sbagliato, ma probabilmente la scommessa era perdente in partenza».
Eppure, non sente la stella come una rivincita, nonostante il suo sia un primato invidiabile perché è il primo chef della provincia a conquistarla: «Mi avrebbe fatto immenso piacere vincerla con un ristorante oristanese, ma il nostro non è un settore facile. Ci sono tante combinazioni che si intrecciano tra loro come il bacino di utenza, la concorrenza di altre importanti realtà, le opzioni che il territorio offre e poi bisogna anche che il pubblico sia pronto a un tipo di menù come il nostro. Non è una rivalsa, abbiamo fatto un tentativo e non è andato a buon fine».
Pazienza, ci si consola con la stella e, per chi si trovasse a passare a Somu a Baia Sardinia, «con un piatto speciale: tuorlo d’uovo cotto in olio di vinaccioli, marinato con insalata di farro. Gli ingredienti sono quelli di un piatto comune, ma, fidatevi, lo faremo sembrare unico».