La Nuova Sardegna

Oristano

Al Pronto Soccorso solo 4 con il covid

di Michela Cuccu
Al Pronto Soccorso solo 4 con il covid

Ieri il sistema dei trasferimenti in altre strutture ha alleggerito (ma non cancellato) le forti criticità del reparto ospedaliero

19 gennaio 2022
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ORISTANO. Al Pronto soccorso del San Martino l’emergenza non è cessata. Nemmeno l’apertura anticipata di un giorno del reparto covid al Delogu di Ghilarza è bastata ad allentare la pressione.

Il problema, come hanno spiegato fonti ospedaliere a La Nuova, è sempre legato alla mancanza di posti letto nei reparti di rianimazione. Troppo pochi quelli disponibili nei reparti attrezzati negli altri ospedali isolani mentre a Ghilarza non possono essere ricoverati pazienti che hanno gravi problemi respiratori e devono essere intubati.

Così nell’area di osservazione breve (obi) del Pronto soccorso del nosocomio di Oristano, non una area separata dal Pronto Soccorso ma attigua, divisa solo da una porta, continuano ad essere ospitati i pazienti con il covid che non possono essere curati a casa. Pazienti a imminente rischio di peggioramento che il personale del reparto assiste, senza sosta.

Ieri mattina se ne contavano sette in attesa di essere trasferiti in altri ospedali attrezzati. In serata tre sono stati trasferiti, facendo scendere il totale dei pazienti affetti da Covid a quattro, ma non è detto che nel corso della notte altri non ne arrivino.

«Se mancano i posti letto nei reparti specializzati c’è un solo motivo: la pessima programmazione dell’emergenza a livello regionale – è il commento del presidente dell’Ordine provinciale dei medici, Antonio Sulis – questa situazione era ampiamente prevedibile. È indispensabile che convertano in fretta nuovi reparti».

Nel frattempo la direzione sanitaria dell’ospedale ha avviato un’inchiesta interna sui decessi di pazienti covid, quattro in meno di una settimana, che nel Pronto soccorso attendevano di essere trasferiti. Un atto dovuto, spiegano dall’ospedale, una prassi che avviene sempre, in questi casi, anche in autotutela, visto che anche i pazienti dei deceduti hanno tutto il diritto a porsi delle legittime domande.

Intanto, al Pronto soccorso, gli effetti della quarta ondata di contagi da covid ha avuto l’effetto, scontato, di evidenziare ancora una volta i gravissimi problema della carenza di personale.

Con solo sei medici specializzati che garantiscono la copertura dei turni, quasi sempre è soltanto uno di loro a lavorare in reparto.

Anche se affiancato dai cosiddetti “medici in affitto”, che privi di specializzazione in medicina d’urgenza possono occuparsi solo dei casi meno gravi (codici bianchi e verdi), l’unico specializzato in servizio, deve fare continuamente la spola tra i pazienti più gravi che arrivano in reparto e l’area di osservazione breve, dove, ci sono i pazienti covid. Mantenendo ferme le procedure di sicurezza per ogni ingresso e ogni uscita e allungando i tempi anche per una breve visita. La sensazione è che in questi due anni di emergenza pandemica si sia fatto davvero poco per risolvere o comunque attutire i problemi di quello che è anche l’unico vero Pronto soccorso (gli ospedali di Bosa e Ghilarza sono dotati unicamente di punti di primo accesso) dell’intera provincia.

Il timore è che nonostante gli sforzi del poco personale in servizio, costretto a farsi carico di turni massacranti, possano riproporsi gli scenari già visti negli ultimi due anni, quando, il Pronto soccorso venne chiuso per due mesi perché la forte pressione dei pazienti covid, impediva di poter assistere in sicurezza gli altri casi.

Problemi denunciati a più riprese dai sindacati e dai comitati dei cittadini. «Siamo fortemente preoccupati ed allarmati, in queste condizioni non si potrà andare avanti per molto – dice Maria Carmela Marras, portavoce del Comitato per il diritto alla salute –. Purtroppo troppi reparti del San Martino hanno enormi problemi. È il caso della Pediatria che tra pochi giorni, con il trasferimenti e il pensionamento di alcuni specialisti, rischia di non avere medici a sufficienza per assicurare i servizi. C’è poi, ma è solo un esempio, l’enorme problema della mancanza di anestesisti che da mesi, ha fatto bloccare gli interventi chirurgici programmati. Ci auguriamo - conclude – che con il nuovo direttore generale, le cose possano finalmente cambiare».

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