La Nuova Sardegna

Oristano

«Così il Pronto soccorso non si salva»

di Michela Cuccu
«Così il Pronto soccorso non si salva»

Contestata da sindacati e ordine dei medici la scelta di ricorrere ai medici “in affitto” solo come filtro per i malati

12 febbraio 2022
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ORISTANO. «Inapplicabile e costosa». I sindacati bollano così la scelta dell’Asl che, per tenere aperto il Pronto soccorso del San Martino, dove tutti i medici sono in malattia – alcuni contagiati dal covid – inserirà, i cosiddetti medici in affitto, anche senza la necessaria specializzazione. Ingaggiati da una società privata veneta, i medici senza specializzazione in Emergenza-urgenza, saranno pagati 700 euro per ogni turno di 12 ore. Si occupano dei casi meno gravi e, per i codici gialli o rossi, in assenza dello specialista in Pronto soccorso, dovranno chiedere il supporto dello specialista di competenza, ad esempio un cardiologo in caso di sospetto infarto, in servizio negli altri reparti dell’ospedale.

Peccato che anche gli altri reparti dell’ospedale abbiano organici insufficienti. «È una scelta che ci lascia interdetti – dice il dottor Luigi Curreli, segretario aziendale di Anaao-Assomed – oltre a non risolvere il problema, in questo modo si sovraccaricano ulteriormente reparti già in affanno. Certo – prosegue – tutti i Pronto soccorso della Sardegna hanno problemi. Qui a Oristano ce n’è un po’ di più». Curreli parla di «palese disorganizzazione da parte della Regione che si è acuita con questa riforma, che impedisce persino la mobilità del personale in caso di urgenza. E quella che stiamo vivendo a Oristano – sottolinea – è una gravissima emergenza».

L’Ordine dei medici da subito aveva preso posizione contro il ricorso ai medici delle società private. «Purtroppo – dice il presidente, Antonio Sulis – ora l’emergenza è tale che questa è diventata probabilmente l’unica strada percorribile. Deve durare il meno possibile e la Regione deve urgentemente intervenire alla radice del problema: la carenza di medici specialisti».

Salvatore Manca, che fino a dicembre è stato presidente nazionale della Società italiana della medicina di emergenza-urgenza, è stato tra i primi a contestare il ricorso ai medici delle società private: «In Pronto soccorso non può lavorare un medico privo di competenze e noi abbiamo lottato per ottenere il riconoscimento della specializzazione in Medicina d’emergenza-urgenza. A parte questo, i cosiddetti medici delle cooperative, arrivano da fuori, restano per un tempo brevissimo, non conoscono la realtà e rimangono troppo poco per averne dimestichezza. E poi c’è il costo: un medico in affitto percepisce, a ogni turno, il doppio di un collega dipendente».

Il ricorso a medici privati si sta estendendo ad altre Asl. Sembra insomma essere diventato strutturale in Sardegna. Per questo, la Simeu ha posto il Caso Sardegna all’attenzione del ministero della Salute.

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