La Nuova Sardegna

Oristano

Quindici suore scelgono la vita di clausura

di Mario Girau
Quindici suore scelgono la vita di clausura

Le Sacramentine faranno il loro ingresso nel convento delle Adoratrici Perpetue in via Vinea Regum

20 febbraio 2022
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ORISTANO. L’ingresso contemporaneo di quindici suore in un monastero di clausura è un fatto eccezionale, mai registrato in Sardegna negli ultimi cinquant’anni, dopo che la crisi delle vocazioni ha colpito pesantemente gli ordini religiosi maschili e femminili. Stasera nel convento delle Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento di via Vinea Regum entreranno claustrali provenienti da America Latina, Europa, Asia e Africa, precedute da due novizie, cioè giovani che hanno deciso di uscire definitivamente dal mondo e di dedicarsi totalmente alla vita contemplativa.

Le religiose saranno accolte, nel corso di un rito solenne, presieduto alle 17 dall’arcivescovo padre Roberto Carboni nel monastero aperto da una suora sarda, Maria Modestina Diana. Questa monaca, nata a Collinas il 26 marzo 1902, il 27 gennaio 1963 lasciò con otto consorelle la clausura cagliaritana di via San Saturnino – il monastero di “San Cesello – per aprire anche a Oristano una casa delle Sacramentine, la congregazione religiosa fondata nel 1807 a Roma da suor Maria Maddalena dell’Incarnazione, al secolo Caterina Sordini.

La città arborense fu la quarta tappa del cursus monacale di Adelina Diana, questo il nome civile di suor Maria Modestina, entrata tra le sentinelle di Dio a 26 anni dopo aver lasciato Sanluri per recarsi a Genova, dove, unitamente ai voti temporanei, nel 1929 prese l’abito bianco, il lungo scapolare rosso con lo stemma dell’ostensorio, caratteristico di questa congregazione, velo nero e collarino bianco tipici delle sacramentine.

La speranza di portare in Sardegna le Adoratrici perpetue rese meno difficile il trasferimento di suor Modestina Diana a Castellammare di Stabia, vicaria della Comunità religiosa di San Bartolomeo. Nel 1945, suor Modestina rientrò a Sanluri per assistere la mamma ammalata. Nel contempo si mise in moto per realizzare il sogno di portare nell’isola le consorelle. Il 18 febbraio 1946 monsignor Ernesto Maria Piovella, arcivescovo di Cagliari ed ex arcivescovo di Oristano, concesse alla monaca la facoltà di servirsi, per la futura opera, della chiesa di San Cesello allora abbandonata.

Per la casa delle suore Modestina chiese aiuto al fratello Luigi, grazie al quale acquistò per 120mila lire il piano terra della casa-Musio, sulla destra di San Cesello. In un piccolo ambiente formato da una palazzina di due piani iniziò il processo formativo di dodici postulanti che presero i voti e vestirono l’abito delle sacramentine il 15 ottobre 1951. Nel 1963 suor Maria Modestina partì per una nuova missione: fondare a Oristano un nuovo monastero per farlo diventare quello che voleva fosse San Giovanni Paolo II, cioè «un piccolo angolo di Dio» e «dimora della Sua gloria».

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