La Nuova Sardegna

Oristano

Da Barcellona a Oristano per vivere in clausura

di Enrico Carta
Da Barcellona a Oristano per vivere in clausura

L’ordine delle Sacramentine le accoglie nel convento di via Vinea Regum

21 febbraio 2022
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ORISTANO. Hanno attraversato il mare e ora sanno che quel mare si trova sulla sponda opposta rispetto al luogo da cui sono partite. Da Barcellona a Oristano il viaggio non è stato in fondo tanto lungo, molto di più lo sarà quello spirituale che accompagnerà il cammino di fede delle dodici suore della congregazione delle Adoratrici del Santissimo Sacramento, per tutti le Sacramentine. È uno dei tre ordini monastici di clausura femminili presenti nell’Arcidiocesi Arborense, ordine che nei giorni scorsi ha assistito a un quasi miracolo: con la chiusura del convento della capitale catalana, le suore sono state accolte dalle sei sorelle che, a Oristano, portavano avanti la vita di preghiera tra le mura del convento di via Vinea Regum.

Sembrava una fiamma di spiritualità destinata lentamente a spegnersi e invece i dodici nuovi ingressi, – dieci di loro si trovavano già in clausura, mentre due sono novizie – l’hanno rianimata. È stato l’arcivescovo Roberto Carboni, accompagnato dal cappellano del convento Don Titino Usai e dal vicario episcopale per la vita religiosa Don Mario Conti, a celebrare la messa che ha accolto le sorelle. Proprio Monsignor Carboni, nella sua omelia, ha definito «Straordinario» l’evento di cui siamo testimoni. È un evento che non riguarda solo la comunità delle Sacramentine, il quartiere in cui si trova il convento, la città di Oristano o l’Arcidiocesi. È un evento straordinario che riguarda tutta la Chiesa».

L’arcivescovo ha poi rimarcato la scelta coraggiosa delle madri superiori di inviare in città le dodici suore «a cui siamo grati. Arrivate in luogo in cui anche tutta la comunità civile apre le braccia per accogliervi. Cambiare nazione, lingua, ritmo di vita non è facile, richiede coraggio. Allo stesso tempo, la comunità è grata alle sorelle che sono qui da tanti anni che portano una fiamma ardente che ha fatto luce».

L’eco del viaggio di trasferimento non si è ancora spenta. L’accento straniero è lì a testimoniarlo. Dopo che la madre superiora Maria Sebastiana – presa dallo sconforto, sino a poco tempo fa, sperava che due o al massimo tre nuove suore arrivassero a dare un futuro al convento – ha porto il saluto di benvenuto alle dodici consorelle, la prima lettura del Vangelo è stata fatta in lingua castigliana da una delle nuove arrivate. In castigliano è stato anche il piccolo ringraziamento che Monsignor Carboni ha pronunciato durante le battute finali della funzione religiosa, tornando poi all’italiano per ribadire: «Siamo felici di potervi accogliere. La gente di Oristano forse non è calda come quella spagnola, ma in noi c’è gratitudine per il gesto che avete fatto».

Si sarebbe voluto celebrare il momento storico per la vita ecclesiastica e sociale della comunità, ma la pandemia consiglia ancora prudenza e così, senza rammarico, si è scelto di limitarsi alla sola messa, cui hanno assistito anche il sindaco Andrea Lutzu e il vicesindaco Massimiliano Sanna. Conclusa la celebrazione, le diciotto suore di clausura hanno varcato la soglia che le porta all’interno del monastero, aperto nel 1963 dalla suora sarda Maria Modestina Diana, che, assieme ad altre otto consorelle, lasciò la clausura del monastero cagliaritano di San Cesello in via San Saturnino per giungere a Oristano. Un viaggio più lungo hanno fatto le dodici suore arrivate da Barcellona, anche se non tutte sono iberiche di origine. Tra loro ci sono anche suore africane, sudamericane e asiatiche che pian piano saranno sempre più oristanesi.

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