La Nuova Sardegna

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Commercio

Una mattina di desolazione al mercato di via Cimarosa a Oristano

di Michela Cuccu

	Box vuoti alla sede temporanea del mercato comunale di via Cimarosa
Box vuoti alla sede temporanea del mercato comunale di via Cimarosa

Sono appena tre gli operatori che di lunedì aprono le loro attività. Sono nove in tutto quelli che hanno resistito nella sede provvisoria che è aperta da otto anni in attesa del rifacimento del vecchio mercato di via Mazzini

20 maggio 2024
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Oristano Vince la desolazione, tanto che la domanda che subito viene posta è: «Perché siete venuti di lunedì che è quasi tutto chiuso?». La venditrice di frutta e verdura si stupisce di vedere dei giornalisti: «Fotografate le corsie così che tutti vedano come ci siamo ridotti». Ieri mattina al mercato comunale di via Cimarosa, quella che doveva essere la sede provvisoria, erano aperti soltanto tre dei nove banchi gestiti da altrettanti eroici concessionari rimasti in attività. Erano ventitré otto anni fa, quando era stata inaugurata quella che doveva essere una collocazione temporanea.

Il Comune aveva annunciato che il rifacimento della sede storica di via Mazzini sarebbe stato fatto in diciassette mesi e che subito dopo i concessionari sarebbero potuti tornare a lavorare «a casa». Quella ristrutturazione che doveva servire a dare alla città un mercato all’avanguardia, pieno di servizi e dove, oltre che fare la spesa, le persone si sarebbero potute intrattenere a mangiare e a visitare mostre, per mille motivi si è fermato. Dalle vetrate che danno su via Mariano, lo scheletro del vecchio mercato e il cantiere fermo, offrono un’immagine desolante almeno quanto quella dei banchi chiusi e delle corsie deserte della struttura di via Cimarosa.

Ieri mattina, lunedì 20 maggio alle 11, i clienti si potevano contare sulle dita di una mano e ne avanzavano pure. Ovvio, se in questo giorno ormai gli oristanesi sanno che qui si possono acquistare solo frutta e verdura. Sono chiuse l’unica rivendita di pane e l’ultima macelleria che, a fatica, ha resistito al desiderio di andare via da una sede ormai inadeguata. Sprangato, ma ci dicono che sia normale di lunedì, il settore pescheria. L’emorragia di clienti non è un fatto recente e negli anni alcuni dei concessionari hanno scelto di ridurre le giornate di apertura e tener chiuso il lunedì che, tradizionalmente, non è esattamente un giorno dedicato alla spesa. «Certo che le persone si sono disaffezionate in fretta a questo mercato che offre poco. Basti pensare che qui si può comprare il pane ma non il companatico. Non si vendono salumi e nemmeno formaggi: insomma nemmeno un panino ci si può fare. E allora i clienti vanno altrove a fare gli acquisti, anche quelli più spicci», dice da dietro il suo banco un’operatrice che non vuole che il suo nome compaia sul giornale.

La vicina di box, a sua volta in forma anonima, parla come se qui le speranze di un trasloco siano ormai finite: «In Comune ci danno sempre la solita risposta. Non ci sono soldi e così noi restiamo qui e a questo punto, il mercato di via Mazzini temo che non riaprirà mai più». Gli umori sono drammaticamente diversi da quelli di otto anni fa quando, la maggioranza dei trenta concessionari – alcuni infatti avevano trovato una nuova sede in autonomia – erano stati trasferiti nella struttura che prima ospitava un discount con gli ingressi che danno su via Cimarosa e via Canepa. All’epoca si respirava un clima di speranza e i commercianti avevano accettato di lavorare in spazi più ristretti rispetto al vecchio mercato, convinti che in via Mazzini ci sarebbero tornati presto. Quella che doveva essere una sede di passaggio, sembra essersi trasformata, almeno per i pochi eroici operatori rimasti, quasi in una prigione. E adesso tutti si chiedono che fine farà il progetto di quel mercato che doveva diventare la vetrina dei prodotti locali, tanto bella da attrarre anche i turisti.

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