La Nuova Sardegna

Oristano

Il caso

L’ex mattatoio di Oristano ridotto in discarica: dopo l’incendio è calato il silenzio

di Michela Cuccu
L’ex mattatoio di Oristano ridotto in discarica: dopo l’incendio è calato il silenzio

Rifiuti di ogni genere, ferraglia arrugginita, mobili bruciati accatastati: dopo l’incendio avvenuto quasi un anno fa, la struttura – sotto sequestro giudiziario – è un cumulo di macerie. L’assessora all’Ambiente: «Stiamo facendo ciò che è di nostra competenza: tener pulito e libero dalle erbacce il marciapiede sulla via Rockefeller»

28 agosto 2024
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Oristano È ancora tutto uguale come dopo l’incendio di undici mesi fa. Il complesso dell’ex mattatoio è rimasto come i vigili del fuoco l’avevano lasciato dopo aver spento le fiamme del rogo che aveva ridotto in maceria l’intero edificio dove dal 2004 abitava la piccola comunità rom della città, mandata a vivere in quelle casupole dallo stesso Comune dopo averli sfrattati dal Foro Boario per poter eseguire i lavori di riqualificazione dell’area. In realtà a distanza di quasi un anno la situazione è persino peggiorata. Dalla strada è ben visibile il cortile di quello che già prima dell’incendio non era un posto dove vivere. Ci sono ancora il ferro arrugginito e gli altri rifiuti che i rom tanti anni fa avevano accatastato convinti di poterli rivendere, ma che era stata messa sotto sequestro dopo un sopralluogo della polizia municipale e della Asl, con tanto di sanzioni e processo per stoccaggio abusivo di rifiuti che, paradossalmente, sono rimasti dov’erano. A quei rifiuti se ne sono aggiunti altri tra macerie e le suppellettili annerite dal fumo che i rom non hanno potuto portare in salvo. Sicuramente non un bel vedere. Quei ruderi dirimpetto a una scuola, confinano con il cortile dell’ospedale san Martino e con la sede della Lavos, una delle associazioni di volontari che operano con le ambulanze per il 118. Non c’è stata bonifica dopo l’incendio. I locali sono ancora sotto sequestro da parte della magistratura: l’inchiesta per risalire alle cause e ad eventuali responsabili del rogo, infatti, non è conclusa.

Un sequestro giudiziario con divieto di accesso in realtà non rispettato. Nonostante i numerosi cartelli ben visibili che vietano l’accesso ai locali, i sigilli di una delle finestre che danno sulla strada sono stati forzati. Dall’esterno si vede ancora la povera mobilia lasciata dai rom durante il terribile incendio senza che mai potessero tornare a riprendere. Una situazione di degrado ripetutamente segnalata dai cittadini allarmati per il rischio che quei luoghi diventino (ma probabilmente lo sono già) ricettacolo per topi e parassiti. «Pensiamo di vendere lo stabile», conferma l’assessore al Patrimonio, Ivano Cuccu che spiega come, trattandosi di un edificio con più di 70 anni e dunque, di interesse storico, le procedure di alienazione devono essere precedute dalla pronuncia della Soprintendenza. L’assessore non si sbilancia ma da anni si sa che all’acquisto di quei locali sarebbe interessata una società della sanità privata. In attesa dell’alienazione resta il problema del degrado. L’assessora all’Ambiente Maria Bonaria Zedda, spiega come il Comune abbia le mani legate per via del sequestro giudiziario. «Sinché il sequestro persisterà non possiamo far nulla, nemmeno entrare nel cortile – dice – . In questi mesi stiamo facendo ciò che è di nostra competenza: tener pulito e libero dalle erbacce il marciapiedi sulla via Rockefeller».

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