Caschi e gilet all’Ardia, l’ira dei cavalieri: «Così diventa un carnevale»
Il sindaco Salvatore Pes: «Dico no ma c’è da migliorare sulla sicurezza»
Sedilo No a caschi e giubbotti protettivi per chi partecipa all’Ardia. L’uso delle misure di protezione personale prospettate dal prefetto di Oristano in vista della prossima edizione della manifestazione hanno innescato un vivace dibattito nel quale sembra imporsi un fronte contrario piuttosto largo.
In discussione non sono l’utilità e l’efficacia dei dispositivi ma l’impatto che questi avrebbero sull’immagine esteriore e sul fascino arcaico della corsa dedicata a San Costantino. Non mancano però le voci fuori dal coro, tra quanti si dicono tendenzialmente favorevoli e coloro che si mostrano propensi ad aprire una discussione. Gli intransigenti fondano il loro convincimento su un presupposto: l’accettazione del rischio che comporta cavalcare ad alta velocità su un tracciato insidioso, nel quale la massima sicurezza non può essere garantita, indipendentemente dal rigore dei protocolli. A questa schiera appartiene Stefano Salaris, cavaliere di lungo corso tra quelli in lizza per guidare la manifestazione nel breve termine. «Non sono d’ accordo sull’uso del casco, non si può andare travestiti in quel modo all’Ardia. Rischierebbe di trasformarla in un carnevale e quindi di sminuire il valore e il fascino di questa antica tradizione – ha commentato puntualizzando di non avere posizioni preconcette sulla questione sicurezza –.
Condivido molte delle attuali prescrizioni, come le paratie in alcuni tratti della pista o il rivestimento dell’arco e, se mimetizzato sotto la camicia, il gilet airbag non sarebbe così impattante. Ma sul casco sono tassativo. Inoltre, nessuno obbliga i cavalieri a partecipare alla corsa, chi lo fa è cosciente del fatto che sussistano dei rischi, eliminarli completamente è impossibile». C’è anche chi, come Marco Mongili, non si sbilancia sui dispositivi di protezione personali ma ha una idea precisa sulle responsabilità che derivano dall’esercizio del diritto di scelta. «Non è obbligatorio andare all’Ardia – ha ricordato la prima pandela del 2022 –. Chi vuole partecipare alle condizioni che vengono imposte è libero di farlo, allo stesso modo, chi non le condivide può scegliere di non andare e di onorare San Costantino in altri modi».
C’è poi una terza via, che è quella di chi auspica un confronto preventivo sulla questione sicurezza per fare una valutazione con cognizione di causa: «Sinceramente sono per la tradizione, ma se penso alla sicurezza dei tanti ragazzi che vanno a cavallo penso che certe misure andrebbero adottate. Non sarei contrario al gilet airbag, che peraltro verrebbe indossato sotto gli abiti, ma anche il casco non dovrebbe essere più un tabù. Ormai i tempi sono cambiati, i giovani si preparano e si allenano in vista della festa ma non hanno l’ abitudine di andare a cavallo tutto l’anno come accadeva in passato, e gli adulti l’ hanno persa a causa dei mutati ritmi di vita e del lavoro. Senza contare che oggi si ha a che fare con cavalli molto più veloci».
A dirlo, uno dei decani della rappresentazione equestre, che ha preferito restare anonimo: «Ritengo sia giusto aprire una discussione sul tema, farlo potrebbe aiutare anche a far cadere qualche resistenza e a capire aspetti che oggi non riusciamo a concepire».
Sulle indicazioni del prefetto ha già fatto obiezione il responsabile della sicurezza dell’Ardia, il sindaco Salvatore Pes: «Le misure che abbiamo applicato finora hanno funzionato molto bene: ciò non significa che alcune cose non si possano migliorare, ma all’uso di caschi e gilet sono contrario». «Il focus ora è puntato sul piano sanitario, finito al centro di polemiche infuocate per le critiche mosse da Areus sulla gestione dell’emergenza scattata dopo gli incidenti a catena del 6 luglio in cui sono rimasti coinvolti 10 cavalieri e un addetto alla sicurezza».
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