La Nuova Sardegna

Oristano

Narrativa

Un romanzo sardo fa record di vendite, La levatrice diventa un caso letterario


	Bibbiana Cau (foto di Giuseppe Ungari)
Bibbiana Cau (foto di Giuseppe Ungari)

Il libro ambientato in un paese dell’isola va a sorpresa in vetta alle classifiche e diventa un best seller

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Norbello La levatrice è il caso editoriale del momento. Il romanzo d’esordio di Bibbiana Cau, originaria di Norbello, ha chiuso la settimana appena trascorsa ai vertici di varie classifiche dei libri più venduti in Italia, in taluni casi scalzando mostri sacri della letteratura come Stephen King o Isabelle Allende e saggisti rodati come Roberto Saviano. È un risultato tanto lusinghiero quanto non pronosticabile per l’opera prima di un’autrice sconosciuta, ma l’effetto è stato così dirompente da indurre la casa editrice Nord a programmare una seconda ristampa a nemmeno venti giorni dalla pubblicazione. Il clamore e l’interesse nati attorno alla storia di Mallena, assistente al parto in uno sperduto paesino dell’entroterra sardo dei primi del Novecento, sono l’effetto collaterale di un lungo e articolato percorso di studio, elaborazione e scrittura ma anche la sua diretta conseguenza, ai quali la scrittrice tenta di trovare una chiave: «Sta andando tutto oltre le mie aspettative. Credo che questa storia sia arrivata al cuore dei lettori perché tratta argomenti in un certo qual modo universali».

La levatrice è un intreccio potente di personaggi e di vite tessuto sullo sfondo di un’isola ancora arretrata, dove la medicina popolare resisteva tra i ceti sociali più poveri all’avanzata della scienza moderna e delle cure ufficiali. «Racconta il cambiamento di un’epoca nonché la fatica affrontata dalle donne per vedere riconosciuti il loro valore, la competenza e il lavoro. Credo che a colpire sia proprio questo processo sociale, ma anche il ritratto dei personaggi, le loro interazioni, l’uso della lingua, la forza evocativa degli odori e dei colori che connotano questa terra», afferma Bibbiana Cau, che ha cominciato a lavorare al progetto diciotto anni fa. Era un momento cruciale della sua vita professionale. Ostetrica di lungo corso che nel 2006 ha assistito alla chiusura del reparto di neonatologia di Ghilarza in cui lavorava: «È stato allora che ho deciso di iscrivermi alla facoltà di Scienze dell'educazione degli adulti e formazione conseguendo la laurea con una tesi che indagava come fosse cambiato il modo di nascere negli ultimi cento anni. Dopo aver spulciato gli archivi comunali e storici e i documenti conservati all’Isre ho sentito che questa storia mi chiamava. Studiando sono venuta a contatto con le vicende di molte donne, persone di umili origini, non scolarizzate ma prodighe verso il prossimo. A queste figure, dimenticate dalla storia, ho voluto restituire dignità e memoria».

La levatrice è l'emblema della condizione femminile agli albori del secolo scorso. «La protagonista Mallena incarna tutte quelle donne che svolgevano un mestiere delicato, spesso tramandato in famiglia – spiega Bibbiana Cau –. Attorno a lei ruotano altri personaggi femminili in cerca di riscatto, libertà e giustizia. È una storia di solidarietà femminile che si sviluppa in un contesto complicato dall’assenza dell’uomo durante la Grande Guerra». Il tema del progresso e della contrapposizione tra mondo arcaico e moderno sono rappresentati dalla sapienza popolare della storica levatrice del paese e dalla formazione professionale di una giovane ostetrica. «La medicina ufficiale non era alla portata di tutti e tra le classi meno abbienti continuavano a prestare assistenza coloro che praticavano le cure tradizionali – ricorda Bibbiana Cau –. Oggi la mortalità neonatale sfiora lo zero, a quel tempo era altissima. Sotto questo punto di vista nessuno rimpiange il passato, ma è vero che in nome della sicurezza abbiamo sacrificato la solidarietà e il senso di comunità, mentre sicurezza e umanizzazione delle cure possono coesistere».

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