La Nuova Sardegna

Oristano

Tribunale

Sette dimissioni non bastano, il consiglio comunale di Uras non verrà sciolto

di Michela Cuccu
Sette dimissioni non bastano, il consiglio comunale di Uras non verrà sciolto

La sentenza del Tar chiude una lunga battaglia legale, Samuele Fenu può andare avanti

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Uras Il consiglio comunale non sarà sciolto o, perlomeno, non è stato il Tar a decretarne la decadenza. Con una sentenza pubblicata oggi, 23 dicembre 2025, i giudici della seconda sezione (presidente Tito Aru, estensore Andrea Gana, a latere Silvio Esposito) hanno dichiarato inammissibile il ricorso presentato dai sette consiglieri dimissionari che puntavano a far cadere l’amministrazione guidata dal sindaco Samuele Fenu.

La pronuncia mette un punto fermo sulla legittimità degli atti comunali, ma non chiude definitivamente una crisi politica che agita il centro dell’Oristanese da mesi. La vicenda ha origine lo scorso 30 settembre, quando sette esponenti tra maggioranza e opposizione – Rita Piras, Luca Schirru, Paolo Porru, Alberto Cera, Anna Maria Dore, Antonio Melis e Salvatore Tuveri – avevano rassegnato le dimissioni collettive. Quello che sembrava l’epilogo scontato della consiliatura si è invece trasformato in una complessa battaglia legale: il primo cittadino, sostenendo che le dimissioni non fossero uniformi né condivise nelle motivazioni, era riuscito a procedere alla surroga del solo consigliere Salvatore Tuveri, ripristinando i numeri per governare grazie al supporto del gruppo PrimaVera Uras.

Dall’aula del Comune si è quindi passati a quella del tribunale, dove lo scontro legale ha visto contrapposti gli avvocati Raffaele Soddu e Pietro Stefano Soddu, difensori dei ricorrenti, e i legali Luca Casula e Stefano Gabbrielli, che hanno rappresentato le ragioni del Comune. Il Tar nella sua decisione non è entrato nel merito della validità politica delle dimissioni, ma ha sollevato una fondamentale questione di competenza. I giudici hanno chiarito che l’annullamento della delibera di surroga non porterebbe comunque allo scioglimento automatico del consiglio comunale, poiché in Sardegna tale potere spetta esclusivamente alla Regione.

La sentenza specifica inoltre che il Tar non può obbligare la Regione a intervenire: il tribunale ha rilevato che la «lesione» lamentata dai ricorrenti è configurabile semmai verso il «mancato esercizio» del potere di scioglimento da parte degli uffici cagliaritani, un atto che però non era l’oggetto diretto del ricorso. Ora lo scenario si sdoppia. Da un lato, i ricorrenti potrebbero rivolgersi al Consiglio di Stato per tentare di ribaltare il verdetto. Dall’altro, si apre una via amministrativa diretta: forti del fatto che il Tar abbia indicato nella Regione l’unica autorità competente per il “fine vita” del Consiglio comunale, i dimissionari potrebbero presentare una nuova e pressante istanza alla Regione.

Se l’assessorato agli Enti Locali dovesse decidere di rompere il silenzio e riconoscere la contestualità di quelle dimissioni, il decreto di scioglimento potrebbe arrivare indipendentemente dagli esiti giudiziari. La tregua per la giunta Fenu resta legata a un filo, non si sa se sottile o no, che passa ora per i palazzi della politica regionale.

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