La Nuova Sardegna

«Quella notte indimenticabile»

Tito Stagno
«Quella notte indimenticabile»

Tito Stagno ricorda lo sbarco sulla Luna di quarant’anni fa

16 luglio 2009
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Il Lem che scende verso la Luna, la notte di quarant’anni fa. Dodici minuti di concentrazione intensa, il cuore in gola, lo sguardo perduto nell’immaginare, solo attraverso le voci di Armstrong e di Aldrin che scandivano in metri al secondo la velocità della navicella e in piedi la distanza dal Mare della Tranquillità, quel momento cruciale dell’avventura di Apollo 11 non ripresa dalle telecamere di bordo. Solo ascoltando le voci: un racconto al buio, senza vedere nulla. Gli astronauti avevano troppo da fare, e i computers facevano le bizze, per pensare alla tv: l’atterraggio si sarebbe visto più tardi, in differita.

Nell’auricolare, che non mollavo neppure per un attimo, una pioggia di sigle e di numeri, che per fortuna ero in grado di interpretare, e di messaggi concisi, essenziali tra i due uomini e i controllori del volo a Houston. Io dovevo stare attentissimo a non perderli, pronto a tradurli in una cronaca fedele, puntuale, appassionante delle operazioni e delle emozioni di quei coraggiosi americani che lassù, a 400 mila chilometri da noi, stavano per conquistare la Luna. Fino al momento del contatto con il suolo lunare e del memorabile annuncio del comandante Armstrong: «Eagle has landed», «Aquila è atterrata». Ecco, di quella diretta tv di trenta ore sono proprio quei dodici minuti vissuti e lavorati alla cieca, e con paura - diciamolo pure - e alla fine con commozione, i più vivi nella memoria. Ancora oggi mi capita di ripensare a quel mio «Ha toccato!» come al grido di tutta l’umanità inneggiante al successo dell’impresa. Ma che bella domenica in tv fu quella del primo sbarco sulla Luna, il 20 luglio 1969! Quante sensazioni mi rimangono e quanti bei ricordi, aldilà della giovinezza fuggita e della prima linea raggiunta in un mestiere gratificante come pochi e in una occasione storica.

Lo Studio 3 della RAI, a Roma, via Teulada. Un ambiente inconsueto per noi giornalisti: di solito era riservato a commedie e programmi di varietà. Ma la maratona lunare aveva le sue esigenze: centocinquanta invitati, grandi schermi per i collegamenti, postazioni per il coordinatore della trasmissione, Andrea Barbato, per il redattore scientifico, Piero Forcella, per lo scienziato, Enrico Medi, per il telecronista Tito Stagno; e poi le cabine per i traduttori simultanei e per le telefoniste, pedane, quinte, componibili di scena per i cosiddetti riempitivi, canzoni, sfilate di moda, spettacoli di vario genere in onda ogniqualvolta la linea con lo spazio era interrotta. Dello Studio 3 due sensazioni mi restano. Il sollievo fisico dell’aria condizionata, durante l’intera trasmissione con i riflettori sempre accesi, e il conforto dell’atmosfera professionalità che mi circondava e che mi sembrò di avvertire per la prima volta, facendomi sentire orgoglioso di far parte di quel gruppo di lavoro.

L’uscita sulla Luna, i primi passi nel Mare della Tranquillità. Quelle immagini in bianco e nero così suggestive. Ero come incantato, un incanto simile allo stupore infantile. Mi chiesi persino se ciò che vedevo e raccontavo, la magnifica desolazione nella quale due di noi raccoglievano sabbia e sassi, era davvero reale o si trattava di una sorta di allucinazione dovuta all’impatto con un mondo sconosciuto. Come non ricordare la notte di quel torrido luglio quarant’anni dopo? Sono d’accordo con quanto mi disse Camilla Cederna: «Non ascoltare chi afferma di averla vissuta con indifferenza e distacco. Quella notte ci si sentiva sconvolti da un religioso stupore, una misteriosa speranza, e di me posso dirti che ero schiacciata dalla commozione». Quella strabiliante domenica televisiva accomunò nell’entusiasmo acute intelligenze e menti disarmate, scrisse il mio bravo collega Franco Goy: «Quasi nessuno dormì nell’emisfero notturno, e quelli che erano già in piedi, nell’emisfero diurno, danzarono di gioia». La mia personalissima nostalgia, riferita a quella notte e a quell’impresa, è tutta terrestre. E sinceramente un po’ amara. Perché è rimpianto di una stagione purtroppo breve della vita, nella quale volgarità, banalità, ignoranza furono, come dire?, offuscate dal rigore scientifico, dalla fede, dal coraggio, dall’orgoglio di primeggiare: insomma, da quello Spirito di Apollo che prese le mosse dalla Nuova Frontiera kennediana.

Uno sguardo sulle esplorazioni spaziali del futuro? Ma sì, è d’obbligo. Nei prossimi venti anni, spese belliche permettendo, dovrebbe sorgere sulla Luna una base abitata, una colonia stabile. Ed entro cinquant’anni, progetta lo scienziato americano David Criswell, dalla Luna potrà arrivarci tanta energia elettrica da decretare la fine di ogni blackout. E Marte? Il giorno dello sbarco sul pianeta rosso lo vedo lontanissimo. Anzi, non lo vedo affatto. Una cosa è certa: il telecronista che vi parla - volevo dire: che vi scrive - sarà già partito per lidi lontani.

E voi cosa facevate quella notte? Mandateci i vostri ricordi
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