La Nuova Sardegna

Arbatax, l'agonia della nave ScorpioLa Tirrenia paga per tenerla in vita

Umberto Aime
La nave della Tirrenia in disarmo nel porto di Arbatax
La nave della Tirrenia in disarmo nel porto di Arbatax

Un monumento allo spreco. Alla Tirrenia il gigante Scorpio, una delle quattro navi superveloci destinate alla demolizione, è costato 56 milioni. Ma consuma troppo: da due anni è bloccato ad Arbatax. Un equipaggio di sette marinai pagato per mettere in moto la nave una volta al mese

12 luglio 2010
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ARBATAX. Il gigante Scorpio non è ancora morto: borbotta. Una volta al mese, per pietà marinara. Da settembre è aggrappato, imbrigliato alla più lunga e blindata banchina di un porto industriale altrimenti vuoto: lo Scorpio è in disarmo. Nel deserto, scalcia e spennacchia un po’ di fumo nero ogni trenta giorni. Poi più nulla fino al mese prossimo. Che tristezza.

Povero gigante bianco. Era una delle quattro navi superveloci della Tirrenia, da due anni è destinato alla demolizione, stessa fine hanno fatto le altre tre regine, a Genova, Napoli e Rapallo. Costato cinquantasei milioni di euro, viaggiava a quaranta nodi, copriva la Arbatax-Fiumicino in cinque ore anziché dodici: eccezionale, tempi da far felici, eccome, i passeggeri dannati di questi giorni. È stato condannato a morte nel 2008, consumava troppo gasolio, 290 chili al minuto contro i quarantuno dei traghetti, eppure sopravvive con orgoglio all’agonia che gli hanno imposto.

Accade quando la sua badante, un comandante della Compagnia, riaccende le turbine a gas, due, e i motori diesel, quattro: sei gioielli, ex alta tecnologia. Allora le undicimila tonnellate di stazza lorda vibrano, ondeggiano, singhiozzano, schiumano qualcosa di biancastro a pelo d’acqua. Un’ora e mezza di vita, ritrovata, poi sul ponte della nave degli sprechi, di quei soldi pubblici gettati via, riscende pesante l’incubo. Ritorna a essere quello che è: una carretta, ancora presentabile nelle fiancate da poppa a prua, per volontà insindacabile della Tirrenia, pachiderma dello Stato ma prossimo alla privatizzazione farsa se finirà nelle mani della holding controllata dalla Regione Sicilia.

Eppure Scorpio, come le gemelle Aries, Taurus e Capricorn della serie Astrologia e dintorni, continua a essere tenuto in vita. Potrebbe essere anche accanimento terapeutico ma non lo è: il quartetto della famiglia Jupiter, questa la specie nautica, è messo a bilancio, fa parte della flottiglia e dunque destinato a passare in carico al compratore. Così la Tirrenia paga un equipaggio, sette persone in tutto, per evitare che le paratie e le coppie di booster, motori a idrogetto, siano mangiate in fretta dal sale e dalla ruggine. Sette persone sulle spalle degli italiani, per dare quell’unico giro di manovella al mese. Altro non fanno, altro non devono fare.

Nel libro di bordo, non sono previsti per loro obblighi di manutenzione alle quasi duemila poltrone di prima e seconda classe, ai sei ponti, tre per i passeggeri, tre di garage, trasportavano cinquecento auto, alla plancia che un depliant descrive ancora come quella di un Boieng. Che tutto vada in malora, come è già accaduto ad Aries, ormeggiato in un cimitero galleggiante di Genova, in cui continuano a spolparla. Ogni tanto qualcuno del baraccone sale a bordo, si prende i pezzi di ricambio che servono ai malandati traghetti in navigazione, rispegne la luce e si lascia alle spalle moquette annerite, scale mobili ferme dal 2005, ascensori imballati e saloni divorati dai topi.

L’equipaggio dello Scorpio è più fortunato, almeno non ha degli invasori da tenere a bada su quella scaletta traballante sul molo e che resta l’unico legame con la realtà per questa nave fantasma. L’ultimo suo viaggio risale a fine settembre, ma dovuto a causa di forza maggiore: ormeggiata al pontile della «Palmera», ad Olbia, da lì era stata sfrattata. Così ha dovuto ripiegare sull’«Intermare» di Arbatax, avamposto industriale di un polo nautico fallito ben presto, e da qui non si sposterà più. A meno che, com’è accaduto nel 2007, un’altra compagnia non prenda lo Scorpio a noleggio. Allora fu la Sardinia Ferries a pagare quanto dovuto alla Tirrenia, per rinforzare le corse estive in attesa del varo della Mega Express, una sua ammiraglia.

Da due anni nessun’altra richiesta e nemmeno contatti per una vendita che avrebbe del miracoloso. Non c’è un prezzo di listino ufficiale. Anzi, qualcosa di simile, a suo tempo, fu proposto dalla Compagnia di Napoli alla Marina militare americana, che voleva riutilizzare il traghetto veloce come nave appoggio a La Maddalena, ma poi gli Usa hanno sbaraccato dall’Arcipelago e la trattativa si è bloccata. È stata la fine di un altro sogno.

Così oggi i sette marinai fantasma sanno di essere soltanto delle crocerossine al capezzale di un moribondo. Ogni giorno il comandante Leo Pernciaro fa la lista di quello che serve al suo manipolo - e pensare che in navigazione gli uomini di equipaggio erano una trentina - per la dispensa, scende dalla scaletta, apre uno dei due cancelli-prigione in cui è rinchiuso insieme al traghetto e chiede all’agenzia marittima, nella vicina via Venezia, di riempire la cambusa. Questa è una delle sue missioni. Altre volte c’è chi lo vede entrare negli uffici disastrati del CircoMare di Arbatax e parlare per un’ora o poco più con l’ufficiale comandante. Di cosa? Non certo delle prossime rotte nel Mediterraneo, questo è impossibile.

Ma le giornate vanno pur riempite quando c’è poco da fare a bordo. È colpa della noia, la stessa che probabilmente assale gli altri sei dell’equipaggio: dev’essere frustrante tenere a bada un gigante che galleggia. Così, in un chioschetto della Darsena, cominciano da mesi a inseguirsi le leggende sulle gesta dello Scorpio quando all’uscita del porto divorava le miglia a quaranta nodi, tirava su con fierezza la prua e puntava dritto verso Fiumicino. Molto meglio di quell’altro flop che sono state Scatto e Guizzo, anche loro navi veloci ma dal rollio pazzesco e ingovernabili con il mare mosso.

Alla fine degli anni novanta, le quattro gemelle astrologiche erano state varate, padrino l’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, proprio per far dimenticare la prima figuraccia. Ma nessuno aveva fatto i conti col dio petrolio: schizzato alle stelle e diventato il boia di Scorpio, Aries, Taurus e Capricorn. Quasi trecento chili di gasolio al minuto moltiplicato per cinque ore, quanto durava la navigazione, erano un’enormità anche per un pozzo senza fine com’è da sempre la Tirrenia. Meglio l’oblio. Costa meno il disarmo. Su una banchina anonima e vuota, a spese del contribuente.
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