La Nuova Sardegna

Niente Mc, il signor Puddu si arrende al re dei fast food

Eugenia Tognotti
Un'insegna McPuddu's (foto da Facebook)
Un'insegna McPuddu's (foto da Facebook)

Il piccolo imprenditore di Santa Maria Navarrese ha sostituito il 'Mc' con un domestico 'De', per non ingenerare "confusione" nei clienti. Intanto la Regione si schiera al suo fianco

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Nonostante l'insolito pienone agostano dei giornali che straripano di storie di donne e mattoni, di scontri politici al vetriolo, si è conquistato risalto nei grandi media nazionali la notizia che il colosso McDonald's ha diffidato un piccolissimo imprenditore di Santa Maria Navarrese.

L'imprenditore aveva usato il suffisso Mc nelle insegne dei suoi piccoli negozi di gastronomia, chiamati appunto McPuddu's e McFruttu's.
Impressionato dalla notificazione, il Davide sardo si è dovuto arrendere al potente Golia McDonald's, la più grande catena di fast food nel mondo. Senza perdere tempo ha modificato il nome, sostituendo a Mc un domestico De, alla sarda, così da non ingenerare «confusione» nei clienti, cosa che appare francamente improbabile, anche per i palati più distratti e indifferenti ai sapori.

Con il nuovo nome si affaccia già sul social network Facebook con un'offerta che rimanda ai piatti della cucina sarda, ben più accattivante e appetitosa - per isolani e non - di quella della multinazionale dell'hamburger, evocando la carne dei pascoli del Gennargentu e i piatti nazional-regionali quali i "culorzones" fatti in casa, i panini e le pizze studiati con prodotti made in Sardegna e, quindi, si presume, non ad alto contenuto di sodio, grassi saturi e colesterolo. Il richiamo al notissimo simbolo - stando alla spiegazione dell'imprenditore sardo - voleva semplicemente essere un modo per far conoscere il modo di mangiare veloce e alla sarda i prodotti di quest'isola, come appunto i ravioli tipici, «in versione da passeggio», come le classiche patatine fritte.

Non c'è da scandalizzarsi, naturalmente, per il ricorso a quel suffisso - che campeggia, protervo, nel doppio arco dorato dell'insegna della McDonald's, il simbolo più riconoscibile e contestato della globalizzazione e dei processi che l'accompagnano anche in quest'isola, la più appartata e la meno esposta alle comunicazioni nei secoli passati.
Insomma un segno dei tempi. Nessuna demonizzazione di McDonald's, naturalmente cui, di tempo in tempo, è stato addebitato un infinito numero di imputazioni: simbolo della potenza americana, corruttore di palati, artefice della standardizzazione del gusto, causa di obesità giovanile, una vera e propria pandemia in Occidente, rovina delle tradizioni culinarie a tutte le latitudini, e potente livellatore di gusti e mode, tanto da eliminare tabù come il mangiare mentre si cammina, un'abitudine frequente in Giappone.
Ma perché la Sardegna - dove la cucina tradizionale affonda le sue radici nella cultura popolare - deve assumere come riferimento la multinazionale del panino? Non può, invece, lanciare la sfida, entrare nel mercato - e competere - con le sue risorse locali, le sue golose prelibatezze e le produzioni identitarie d'eccellenza come i formaggi, le carni? Perché non opporre le proprie tradizioni culinarie e alimentari alla standardizzazione che ha estirpato gli alimenti dall'ambiente geografico e culturale d'origine? In fondo, il futuro di quest'isola si gioca anche sul piano delle risorse locali, dei beni ambientali, turistici, di produzione identitaria eccellente, contro l'universalismo. Dopotutto, anche il pane carasau, i malloreddus, i culorzones dell'Ogliastra - così legati alla tradizione e alla cultura - sono una carta da giocare.
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