La Nuova Sardegna

L'avventura da regista di Monicelli cominciò a Tissi nel 1954 con "Proibito"

Gianni Olla
Il set di «Proibito», girato a Tissi nel 1954
Il set di «Proibito», girato a Tissi nel 1954

Il film con Amedeo Nazzari e Lea Massari fu il primo successo Era atteso il 16 dicembre a Cagliari per un premio alla carriera. Con l'isola un rapporto antico nato attraverso i libri della Deledda

01 dicembre 2010
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Inizio e fine del viaggio di Monicelli in Sardegna, piccolissimo intermezzo di una lunga carriera che avrebbe dovuto avere, a breve, una sua ennesima celebrazione a Cagliari. L'associazione l'Alambicco aveva previsto e organizzato, a conclusione di una rassegna a lui dedicata, un convegno di studi e l'incontro con il pubblico, al termine del quale i responsabili dell'associazione avrebbero consegnato un premio alla carriera al regista.

La data prevista era il 16 dicembre, alle ore 16, alla sala convegni del T Hotel, in via dei Giudicati. Monicelli, in estate, aveva assicurato la sua partecipazione, e quindi, con le prime avvisaglie del male, aveva chiesto di poter colloquiare con i critici (al convegno sono previsti gli interventi di Chiara Gelato, Giovanni Spagnoletti, Steve Della Casa, Masolino D'Amico, Roberto Nepoti, Elisabetta Randaccio) e con il pubblico, in videoconferenza. La figlia Ottavia, responsabile di una fondazione a lui intitolata, avrebbe poi ritirato il premio.

Ovviamente, nell'organizzazione della serata niente è cambiato se non la cancellazione della videoconferenza; ed è immaginabile che, a dispetto della lunga e eclettica filmografia di Monicelli, qualche spettatore, se il regista fosse stato presente, si sarebbe ricordato che l'inizio della sua carriera fu appunto la Sardegna, dove, nel 1954, fu girato "Proibito".

Fu una scelta di Monicelli? È difficile dirlo - a quei tempi il cinema d'autore era un concetto quasi sconosciuto - ma certo diventò l'occasione di esordire da solo, dopo un apprendistato (e qualcosa di più) in compagnia di Steno, con cui girò ben otto pellicole, quasi tutte commedie.

"Proibito" era invece un film drammatico ispirato a diversi romanzi di Grazia Deledda, che il regista ereditò da altri produttori, registi e sceneggiatori, tra i quali Sergio Amidei e Giuseppe Dessì, che scrisse il primo trattamento, ricavato direttamente da "La madre", poi "provato" da Luciano Emmer in alcuni memorabili provini con Mastroianni e Lucia Bosè.

Ai primi anni Cinquanta, la produzione annunciò di nuovo l'inizio della lavorazione e la firma prestigiosa di Lattuada, che aveva contattato il suo amico Amedeo Nazzari. Ma anche questa ipotesi cadde, forse perché a Lattuada, maestro del turbamento erotico, erano stati posti dei rigidi paletti censori: "La madre", infatti, è sostanzialmente una storia d'amore tra un prete e la giovane erede di una ricca famiglia. Una storia scandalosa e poco filmabile, all'epoca.

Monicelli conosceva la Sardegna "in caricatura", per aver partecipato alla sceneggiatura di "Vendetta... sarda" di Mattoli, ma era anche amico di Giuseppe Fiori, di cui aveva letto una sceneggiatura, "Il peccato di Maddalena Ibba", altrettanto turbativa de "La madre", e premiata da una giuria del Centro Sperimentale di cinematografia. Anche questo progetto non andò in porto e, finalmente, dopo che i capitali americani (e il prestito di Mel Ferrer, allora un divo) ebbero resuscitato il progetto iniziale tratto dalla Deledda, la sceneggiatura aveva subito tanti e tali cambiamenti da lasciare sullo sfondo proprio l'idea iniziale: "La madre" di Grazia Deledda.

Lo stesso Monicelli, ormai promosso regista, e a cui nel frattempo si era affiancata Suso Cecchi D'Amico, dichiarò che la fusione di diversi scenari deleddiani fu una scelta consapevole, dovuta all'impossibilità di trasporre il romanzo, vuoi per ragioni censorie, vuoi perché la trama di "La madre" si prestava poco ad un film che intendeva spettacolarizzare la Sardegna.

Tra le fonti "aggiunte" dallo stesso Monicelli, Salvatore Patatu, un testimone di Tissi - il paese dove fu girato "Proibito" con scorci di Martis, Ploaghe e Saccargia - cita Indro Montanelli, amico del regista, che gli parlò di faide accadute a Nuoro, negli anni Venti, quando era studente del Liceo.

Sicché la Sardegna di "Proibito" - film di grande successo, girato da una mano saldissima e con una capacità di dirigere gli attori che Monicelli si portò dietro per tutta la vita - finì per essere una sorta di western sardo in cui il vecchio paesaggio deleddiano si fondeva con un'altra Sardegna, contemporanea, di cui si riparlava, in ambito nazionale, per la sua ancestralità e per le sue terribili storie di vendette e di banditi.


Al richiamo della Sardegna "caricaturale", il regista sarebbe indirettamente ritornato, nel 1970, con un episodio, "Il frigorifero", del film collettivo "Le coppie". Ambientato a Torino, era la storia di due "poveracci", marito e moglie: quest'ultima per comprarsi un frigorifero, simbolo del consumismo, ma regolarmente vuoto, decide che vale la pena anche di prostituirsi. Jannacci, nei panni del marito, abbozza, Monica Vitti, con l'improbabile accento sardo, è appunto la casalinga/prostituta.
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