La Nuova Sardegna

Abbanoa non paga, verso lo stop dei depuratori gestiti da Acciona

Silvia Sanna
Operai al lavoro al depuratore di Caniga (foto di Mauro Chessa) In basso la spiaggia di Baja Sardinia chiusa nell’estate 2009 in seguito allo sversamento di liquami
Operai al lavoro al depuratore di Caniga (foto di Mauro Chessa) In basso la spiaggia di Baja Sardinia chiusa nell’estate 2009 in seguito allo sversamento di liquami

Blocco degli straordinari per protestare contro Abbanoa, che non ha mai pagato un euro alla multinazionale Acciona Agua, che gestisce i depuratori di mezza Sardegna

29 luglio 2011
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SASSARI. C'è chi va al lavoro in bicicletta, 12 chilometri al giorno, perché non ha i soldi per la benzina. E c'è chi non si vergogna a dire «oggi non ho toccato cibo». Però ancora stanno lì, maglietta e casco rosso. Presenti, per senso di responsabilità e paura delle conseguenze. Sono gli addetti alla gestione dei depuratori di mezza Sardegna: lavorano per Acciona Agua, ma il committente è Abbanoa. Che alla multinazionale spagnola deve saldare un conto da 12 milioni. Per gli operai, da due mesi senza stipendio, la strada è una sola: blocco degli straordinari. Il collasso del sistema idrico è dietro l'angolo.

Gli effetti potrebbero essere devastanti, soprattutto in questo periodo. Quando, tra sovraffollamento e spiagge zeppe, gli impianti dovrebbero funzionare - almeno in teoria - come un orologio svizzero. Non è così, perché molti depuratori sono antiquati, altri vanno avanti a fatica con un rattoppo dietro l'altro. In Gallura (La Maddalena, Santa Teresa, Aglientu) e nell'Oristanese (Torregrande, Bosa, Cabras) le situazioni più a rischio. Quando scatta l'emergenza, i tempi di intervento sono da codice rosso: entro quaranta minuti-un'ora le squadre devono essere sul posto. La velocità è fondamentale per arginare la corsa dei liquami verso il mare o quando i rubinetti sputano acqua di colore e odore sospetto. Con il blocco degli straordinari diventa una questione di fortuna: se l'allarme scatterà oltre l'orario di lavoro, allora il disastro sarà assicurato. Lo sanno bene anche i dipendenti di Acciona Agua. Che infatti hanno riflettuto a lungo prima di prendere questa decisione. Per arrivare alla conclusione che «così non si può andare avanti, siamo obbligati a fare sentire la nostra voce».

Lo scrivono in una lettera inviata ad Abbanoa, alle prefetture, ai sindaci. Dove ricordano che da quasi due mesi lavorano gratis. L'ultimo stipendio, di maggio, è stato pagato il 30 giugno. Quelli di giugno e di luglio ancora non sono arrivati. Idem la quattordicesima. «Abbanoa è completamente assente - racconta un operaio al lavoro nell'impianto di Caniga, periferia di Sassari - non ha mai pagato. Sinora Acciona ha sempre anticipato, garantendo gli stipendi. Ma ora si è raggiunto il limite».

Che, in soldoni, corrisponde a un'esposizione che sfiora i 12 milioni di euro. Una briciola, nel mare di debiti in cui affoga Abbanoa (circa 400 milioni), messa con le spalle al muro anche dal Comitato d'imprese che si occupa delle manutenzioni: con loro il debito ammonta a 28 milioni di euro, in media ciascuna ditta vanta un credito che oscilla tra 500mila e 1 milione di euro. Le imprese hanno detto basta: dal 31 luglio si fermeranno e saranno costrette a licenziare il personale. Significa che in caso di rottura delle condotte, acqua che inonda le strade e rubinetti a secco, non ci sarà nessuno a metterci una pezza. In questo quadro allarmante, l'agitazione dei dipendenti Acciona conquista un ruolo di primo piano. Perché se insieme alle manutenzioni si blocca anche la rete di gestione dei depuratori, è evidente che il sistema è destinato a esplodere molto in fretta.

Con Abbanoa, Acciona Agua ha stipulato un contratto nel novembre 2010. «E da allora - spiega il direttore tecnico Nicola Patimo - l'ente non ha corrisposto neppure un euro dei canoni mensili previsti». Significa che sinora la multinazionale ha garantito il lavoro gratis in un ambito vastissimo. Che comprende quattro distretti - il Sassarese, la Gallura, il Nuorese e l'Oristanese - per un totale di 208 impianti e 500 stazioni di sollevamento, due terzi dei depuratori della Sardegna. A prendersene cura sono 240 dipendenti, 58 nella provincia di Sassari. Il capitolato d'appalto con Abbanoa prevede pagamenti a 120 giorni «un tempo senza dubbio eccessivo», dice Patimo, dunque nel febbraio 2011 Acciona Agua avrebbe dovuto ricevere la prima tranche di denaro. Non si è vista quella e neppure la successiva, a giugno.

«L'azienda è stata obbligata ad anticipare tutte le spese. Ha potuto farlo perché è una multinazionale economicamente solida. Ma ormai la situazione è fuori controllo». Tra stipendi e gasolio per il parco auto (70 furgoncini più un autospurgo di proprietà e altri in affitto), Acciona spende mediamente 620mila euro al mese. Poi a battere cassa ci sono una quarantina di microimprese «che non accettano il saldo a 120 giorni». Il vaso è colmo, al punto che già a maggio l'azienda ha posticipato di 15 giorni il pagamento degli stipendi (che variano da 1100 ai 1700 euro al mese). Mentre per giugno, forse, sarà versato un acconto nei prossimi giorni. Troppo poco, per chi ha un mutuo da pagare, famiglia, scadenze fisse. «La banca mi ha già avvisato - racconta un operaio a Caniga -, rischio di finire nei guai». «Io sono sotto sfratto - aggiunge un altro - e in tasca non ho un euro. Non ho la più pallida idea di come andare avanti».

Per ora stanno tutti lì, consapevoli delle conseguenze che provocherebbe l'interruzione del servizio. Per loro stessi, dal punto di vista penale, e per la collettività. Intanto il dialogo con Abbanoa da parte dei vertici di Acciona è diventato molto fitto. Ma è come sfondare una porta aperta: l'ente gestore dice di andare a bussare da un'altra parte, perché se le casse sono vuote è colpa di chi, cioè la Regione e i comuni azionisti, non ha mantenuto la promessa di capitalizzazione annuale. Argomenti arcinoti agli operai, che ribattono: «Ma allora che dobbiamo fare? È chiaro che questo sistema di gestione va rivisto, perché i primi a pagarne le conseguenze siamo noi».

E raccontano il calvario patito dal 2005, prima dell'arrivo di Acciona, quando lavoravano per altre imprese più piccole esterne all'idromostro: «Spesso le proteste ci si sono ritorte contro. Alcuni di noi sono stati mandati via, altri hanno visto alleggerirsi la busta paga». In cantiere lo spirito è pessimo, il cartellino si timbra per dovere. Poi alla fine del turno, tutti a casa. E se scoppia la fogna, i loro telefoni resteranno spenti.

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