La Nuova Sardegna

Barracciu e l'effetto domino nelle Province e nelle giunte comunali

Umberto Aime
<strong>Francesca Barracciu </strong>Ha guidato il comitato delle donne
Francesca Barracciu Ha guidato il comitato delle donne

Dopo la giunta regionale, anche altre amministrazioni potrebbero essere richiamate all’ordine per rispettare le "quote rosa"

05 agosto 2011
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CAGLIARI. C'è una frase di Francesca Barracciu, capopolo del comitato vittorioso al Tar, che più di altre fa tremare ancora gli uomini, i maschi, della politica, questa: «La sentenza è soprattutto un monito per sindaci e presidenti. Sia chiaro, che nessuno di loro da oggi in poi abbia ancora dubbi: nelle giunte. lo spazio per le donne è obbligatorio». Altro che avviso ai naviganti, è un ordine. Da rispettare, anche a testa china. Ma quali sono, in Sardegna, le amministrazioni comunali e provinciali, che potrebbero essere azzerate com'è accaduto martedì alla Cappellacci-ter?

Zero donne. Chi sta peggio è la provincia di Olbia e Tempio. Lì è il vuoto assoluto, al femminile, persino in Consiglio. In Gallura, il principio delle pari opportunità non esiste. Anzi, dal primo all'ultimo hanno voltato tutti le spalle, donne comprese, al diritto di cittadinanza del color rosa in politica. Elettori, partiti, notabili e galoppini: non uno ha pensato, votato e nominato una dama. La logica ferrea del «prendere tutto» ha stravinto prima nelle segreterie, poi nelle urne e infine nei corridoi. Nella stessa lista nera, a pari merito, c'è la giunta provinciale di Oristano. Fra presidente, assessori, sei, e consiglieri, ventiquattro, il maschilismo domina. Massimiliano De Seneen, di centrodestra come Fedele Sanciu in Gallura, ha trasformato le istituzioni, l'affermazione non appaia irriverente, come un circolo della caccia, o quei club londinesi resistenti nel ««vietare l'ingresso a mogli e fidanzate». Un motto da improbabili superman, è la verità. Su cui dovranno ragionare anche le giunte comunali di Arzachena, Carloforte, Lanusei, Macomer, Gonnesa, Cabras e Quartucciu.

Perché la mappa del «facciamo da soli» va da Nord a Sud, con passaggi a Est e Ovest. Come confermano le amministrazioni di Lodè, Allai, Baressa, Curcuris, Genoni, Ghilarza, Marrubiu, Milis, Montresta. Morgongiori, Siapiccia, Terralba e Villaurbana. Sono piccoli e medi comuni in cui l'equilibrio fra i generi è acqua fresca, nonostante sia sancito dalla Costituzione e ribadito adesso dal Tar. C'è poi il caso di Sorgono, dove Francesca Barracciu, la pasionaria, è stato sindaco fino alle ultime elezioni. Ancora lei, qualche mese fa, ha provato a rimettere in piedi il principio nel suo comune, ma senza avere la stessa sorte di martedì. Ricorso respinto per «illegittima rappresentanza» dei ricorrenti: pazienza, si è presa eccome la rivincita.

Una contro tutti.
È il pacchetto più corposo. Su 377 comuni, in una dozzina c'è il cosiddetto minimo garantito. Nuoro, Iglesias e Alghero per densità di popolazione, sono ai primi tre posti nella classifica del «mi sento sola», in giunta. Nel capoluogo barbaricino, c'è una sola donna su dodici assessori e chissà quanto non sopporti più i colleghi, che, alla macchinetta per il caffè, parlano soltanto di «cose» da uomini. Basta, datele un po' di compagnia: che almeno ci sia un'altra assessora con la quale scambiare quattro chiacchiere di genere nelle pause. Un solo puntino rosa è presente anche nelle giunte di Capoterra, Castelsardo, Pula, Bosa, Siniscola, Uras, Dorgali, Orosei, Selargius e Posada. È lo stesso a Villacidro, ma lì il sindaco è donna, tra l'altro moglie di un onorevole, e a Lei (il nome una garanzia), dove però fra primo cittadino e assessori sono in quattro, e finiscono per spartirsi un salomonico due a due.

Il mio capo è una donna. È così nella giunta provinciale di Sassari, con Alessandra Giudici del Pd, che comanda otto assessori uomini, e in quella comunale oristanese, con Angela Nonnis, centrodestra, all'apice della scala gerarchica, con sette assessori-boys.

Sono loro, una presidentessa, l'altra sindachessa, le capoclassi in Sardegna. Ma per crescere ancora dovrebbero andare a Sant'Agata Bolognese, comune-fabbrica e anche patria delle «Lamborghini». Lì, dal sindaco agli assessori, sono soltanto donne. Imparate, sardi, imparate.

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