La Nuova Sardegna

Web, guerra ai pirati: chiusa Megaupload ma la rete si ribella

Web, guerra ai pirati: chiusa Megaupload ma la rete si ribella

In manette il ricchissimo Kim Dotcom, proprietario del più noto portale di file-sharing del mondo

21 gennaio 2012
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ROMA. Notte di fuoco sul web, quella tra giovedì e venerdì. In poche ore è partito l'attacco degli hacker dopo la notizia che l'Fbi aveva spento il sito di condivisone dei file più grande del mondo, Megaupload, da cui centinaia di migliaia di utenti scaricavano film e software piratati. La chiusura ha dato vita a un'ondata di rappresaglia guidata dal gruppo Anonymous.

"God" (Dio) è la targa che distingue le lussuose auto guidate da Kim Dotcom, alias Kim Schmitz, il guru del file-sharing finito in manette in Nuova Zelanda nell'ambito della maxi operazione anti-pirateria informatica condotta dal Fbi. Nato in Germania 37 anni fa, Dotcom, conosciuto anche con i nick di battaglia Kimble, Kim Tim Jim Vestor e quello più celebre"Dr Evil", è diventato miliardario grazie al network Megaupload e ai suoi affiliati, Megavideo tra gli altri, che secondo le autorità Usa hanno prodotto almeno 500 milioni di dollari di danni per violazione del copyright, e altri 175 milioni in procedimenti legali da parte delle compagnie coinvolte.

Ora, assieme alle altre tre persone arrestate in Nuova Zelanda - altri tre accusati sono ricercati -, rischia parecchi anni di carcere, per violazione del copyright, associazione a delinquere, riciclaggio e altri reati connessi. Non è la prima volta che Dotcom si trova nei guai: in passato è stato condannato per reati di pirateria informatica, insider trading, frodi con le carte di credito. Poi il boom del .com (dot com), dai quali deriva appunto il nick del tedesco.

Intanto Megaupload, nella top ten dei siti più frequentati al mondo, è stato chiuso, e i 150 milioni di utenti registrati rimarranno a secco di file gratuiti, almeno per un pò. Il sito offre spazi gratuiti per il caricamento di file, e guadagna enormi somme con la pubblicità e la possibilità di scaricare contenuti a una velocità maggiore. La Riaa e la Mpaa, le associazioni dei produttori discografici e cinematografici Usa, accusano Dotcom di aver favorito la violazione del copyright, consentendo agli utenti del sito di scaricare tonnellate di musica e film illegalmente. Su Megaupload sarebbero poi finiti anche materiale pedopornografico e video di propaganda terrorista. Di avviso contrario Anonymous, che parla di censura: gli hacker hanno lanciato una rappresaglia, oscurando i siti del dipartimento di Stato Usa, della Riaa, della Mpaa, e altre decine di domini. Quel che è certo è che dal 2005, quando venne fondato Megaupload, a oggi Dotcom è diventato ricchissimo: solo nel 2010 avrebbe guadagnato 50 milioni di dollari. E a suon di bigliettoni avrebbe comprato, punta l'indice la stampa australiana e neozelandese, il diritto di residenza permanente in Nuova Zelanda grazie a generose donazioni e investendo milioni in titoli di Stato. Le perquisizioni nella sua villa, tra le più costose del Paese hanno portato al sequestro di 18 auto di lusso.

Quando un'ottantina di poliziotti sono arrivati alla villa, coadiuvati da due elicotteri che sorvolavano la zona, il guru del file-sharing ha attivato numerosi meccanismi elettronici riuscendo a barricarsi in una stanza della casa. Gli agenti sono stati costretti a farsi strada con la forza.

«Quello che sta succedendo dimostra che è esplosa la fase due della battaglia delle multinazionali dell'audiovisivo. E l'Italia è stata un banco di prova»: è questo il parere di Luca Neri, autore del libro inchiesta su Pirate Bay, «La Baia dei Pirati» (Cooper editore). «Quello che sta succedendo dimostra che i giovani pirati svedesi avevano ragione. Le reti digitali ci pongono di fronte ad un bivio: non possiamo avere al contempo la tutela del copyright e la rete libera. Bisogna scegliere», dice Neri.
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