La Nuova Sardegna

Ottana, così funzionava la frode milionaria

Federico Sedda
Ottana, così funzionava la frode milionaria

Un fiume di denaro pubblico per creare industrie e occupazione nella Sardegna centrale, finito nelle tasche di pochi furbi. I controlli sul contratto d’area hanno fatto scoprire che tutte le 20 aziende sono risultate irregolari

24 febbraio 2012
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OTTANA. Contratto d'area di Ottana: una valanga di denaro pubblico, l'ennesima, per creare industria e posti di lavoro nella Sardegna centrale diventata una truffa colossale. Un dato di fatto da anni messo in soffitta da politica, sindacati e industriali del Nuorese, ma che ora riemerge con i dati del fallimento forniti l'altro ieri dal comandante provinciale della Guardia di finanza, Alessandro Cavalli: «Tutte le venti aziende controllate negli ultimi anni sono risultate irregolari, per un danno erariale di quasi 100milioni di euro». Numeri da choc che riaprono la ferita. E le domande.

Quella fatta da Cavalli è la fotocopia aggiornata di quanto disse il 29 gennaio 2010 il suo predecessore, Armando Ceci, illustrando il rapporto del 2009 che spulciava rendiconti e bilanci di tredici aziende: «Su 100milioni di euro controllati dalla Guardia di finanza, 79 sono risultati indebitamente percepiti e revocati». Una truffa colossale che l'allora presidente della Confindustria nuorese, Riccardo Devoto, commenta con poche parole: «Il Contratto d'area mi ha dato soltanto amarezze». Una truffa annunciata. Che l'allora segretario provinciale della Uilcem, Nicolino Pittalis, sembrava profetizzare. «Proprio la Nuova Sardegna - ricorda oggi - titolò "Corvi sul Contratto d'area" un articolo su un nostro documento di denuncia».

Ma i più, sommersi da quella valanga di soldi evitarono di chiedersi se avesse un senso industriale realizzare vassoi in melamina, montare hard disk o fare siringhe nel centro Sardegna, per fare solo qualche esempio. E così, oggi, il fallimento del Contratto d'area lo raccontano, con sconcertante evidenza, i capannoni vuoti, le strade deserte, i lavoratori senza stipendio, le sentenze dei giudici che hanno decretato il fallimento di molte aziende, i roghi dolosi alla Cartonsarda e alla Ecoplast, forse provocati dalla grande delusione. Ma, la storia del fallimento, la raccontano soprattutto i numeri: delle 29 aziende finanziate con il cosiddetto primo (e ultimo) protocollo aggiuntivo, in attività sono soltanto undici, tredici quelle revocate e cinque quelle «disperse» che non hanno mai messo piede nella Sardegna centrale.

I lavoratori ufficialmente occupati sono 300. Eppure, quello strumento della cosiddetta programmazione negoziata, firmato a Roma il 15 maggio 1998 su richiesta dei sindacati e degli imprenditori del centro Sardegna, sembrava la panacea di tutti i mali della grande industria morente: 29 nuove aziende, 170 milioni di euro di contributi pubblici, 1.362 posti di lavoro promessi da sommare ai primi 178 delle sei aziende già attivate. Il futuro della Sardegna centrale, insomma, dopo la crisi della grande industria chimica, sembrava assicurato. Invece, era l'inizio di altro sogno infranto. Renato Soru, diventato presidente della Regione, parlò di «carica dei «prenditori» e non degli imprenditori». Da queste parti, insomma, sono arrivate imprese che hanno presentato progetti, incamerato contributi, fatto finta di avviare l'attività per incassare i finanziamento e poi sparire nel nulla.

«I maggiori danni - dice il segretario della Cisl, Ignazio Ganga - sono dovuti alla fase istruttoria. La società EuroprogettieFinanza, incaricata dal ministero di selezionare le iniziative, su 120 ne selezionò 29. Viene da chiedersi in che modo siano state compiute le istruttorie e con quali criteri alcuni progetti abbiano superato quella che veniva definita una rigorosissima selezione». La realtà, oggi, è sotto gli occhi di tutti. «Ciò che resta - dice il sindaco di Ottana, Gian Paolo Marras - sono i capannoni abbandonati, le case dei custodi fatte senza risparmio, i rifiuti da smaltire e tante lotte fatte e da fare per ottenere cassa integrazione e mobilità».

Il tutto con il silenzio del governo che ha erogato i finanziamenti. «Nei mesi scorsi - fa sapere il parlamentare nuorese Bruno Murgia (Pdl) - ho presentato un'interrogazione sulla grande truffa del Contratto d'area. A tutt'oggi non ho ricevuto risposta». Al presidente della provincia, Roberto Deriu, responsabile unico del Contratto d'area, resta da giocare l'ultima carta: attivare la commissione speciale di indagine sul Contratto d'area approvata a marzo 2011 dal consiglio provinciale e ancora ferma al palo.

Forse solo così alla fine sarà fatta chiarezza. E forse qualcuno sarà chiamato a rispondere.
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