Il presidente dellAntimafia sulla nuova sezione dAlta sicurezza a Bancali: «Contro questo rischio serve una Dda autonoma»
Pisanu: «Col 41 bis infiltrazioni inevitabili»
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Al convegno Ganau, Parisi, Pisanu e Lo Curto In basso Guido Melis e Mariano Brianda (foto Ivan Nuvoli) Pm e politici al convegno per i 20 anni della Corte d'Appello: soppressione da scongiurare
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SASSARI. «È inevitabile che con l'arrivo dei detenuti al 41 bis nel carcere di Bancali il territorio sarà contaminato». Beppe Pisanu, presidente della Commissione Antimafia, non se la sente di illudere gli amministratori che da settimane lanciano l'allarme sulla sezione dedicata ai mafiosi del nuovo penitenziario. «Per questo è necessario che una Corte d'Appello autonoma, e una Direzione distrettuale antimafia contro il rischio infiltrazioni, molto alto anche da noi». Le sue parole cadono propizie per chi si batte da vent'anni perché la Corte sassarese si evolva da sezione distaccata in ufficio giudiziario indipendente da Cagliari, che qualcuno chiama "matrigna". Pisanu parla al convegno per i due decenni dall'istituzione della Corte caduti ieri. Proprio nel momento in cui la Procura generale del capoluogo auspica invece la sua soppressione. Assenti il pg Ettore Angioni e il presidente Grazia Corradini. Per il resto, ci sono davvero tutti: vertici giudiziari, ecclesiastici, forze dell'ordine, università, avvocatura. «Quella della soppressione è un'ipotesi che non vogliamo nemmeno considerare», premette il presidente di sezione Mariano Brianda. Con l'avvocato generale Claudio Lo Curto sono padroni di casa e promotori della rivendicazione, sfociata nella creazione di un Comitato presieduto dal sindaco Gianfranco Ganau. Rivendicazione che potrebbe assurgere a svolta, secondo l'ex ministro dell'Interno. «Ho parlato con il Guardasigilli Paola Severino e le ho consegnato un promemoria per illustrare le nostre ragioni. Lei mi è sembrata molto interessata, si sta occupando proprio in questi giorni della riorganizzazione periferica degli uffici, e credo che il discorso giunga in un momento opportuno». Brianda lo prende come un impegno. Stesso discorso per l'intervento di Arturo Parisi, testimonial della aspirazione assieme al deputato Guido Melis (Pd), firmatario di una proposta di legge che sancisca l'autonomia della Corte. Nella lunga cerimonia per ricordare genesi e ruolo nella società di un ufficio così importante (comprende non solo il secondo grado ma anche tribunale per i minori e sorveglianza), Brianda, Lo Curto, il presidente della Corte Francesco Mazzaroppi e il presidente degli Avvocati Francesco Milia e l'esponente delle Camere Penali Maria Claudia Pinna, ripetono come di continuo tre concetti chiave. Primo: «Non si tratta di una pretesa di campanile, ma la meta di un percorso iniziato vent'anni fa», ricorda Melis. Secondo: «È un'evoluzione a costo zero, perché il personale amministrativo e i magistrati ci sono già, la sede ce l'abbiamo», è il concetto che ripete Brianda. E per dirla con Elias Vacca, «si tratta anche di valutare i costi sociali». Terzo concetto: «È un presidio di sicurezza in un'area, quella del Nord Sardegna, troppo appetibile per gli investimenti della criminalità organizzata», e attraversata da fiumi di droga direttamente proporzionali al fiorire del turismo. Una Corte autononoma vorrebbe dire creare una seconda Direzione distrettuale antimafia in Sardegna. Che per Lo Curto si traduce «in un risparmio dei costi delle staffette di agenti di polizia giudiziaria costretti ad andare a Cagliari per conferire con i pm della Dda». Ma se la Sicilia, culla di mafia, ha quattro Dda, perché l'isola, dove la «mafia non esiste», dovrebbe averne due? «No, non è una sproporzione», assicura Pisanu al termine del convegno. «La mafia è in tutta Italia, ha origine in Sicilia, Campania e Puglia, ma è una metastasi che può diffondersi anche da noi. Dobbiamo combatterla con la prevenzione». E la previsione di un'isola cayenna, con almeno quattro sezioni che ospiteranno detenuti in Alta sicurezza (Bancali, Uta, Badu'e Carros) gli fa dire: «Ci hanno dato i germi, almeno ci diano gli strumenti per combatterli». A ricordare la battaglia per la nascita della Corte sono l'avvocato cagliaritano Francesco Macis (da parlamentare primo firmatario della legge del Novanta, che poi ha portato al "distacco" dal capoluogo), al collega Pasqualino Federico, anche lui firmatario come Elias Vacca e Francesco Carboni. Rivelatore l'aneddoto raccontato da Arturo Parisi. «Nel corso del dibattito in Senato per la prima legge, un senatore rilevò: "È la prima volta che accanto alla proposta viene presentata una cartina". Era quella della Sardegna». Perché il fattore geografico, in un'isola senza strade né trasporti, è fondamentale nel mantenimento di un presidio di giustizia al Nord.
